L'Astronomia Infrarossa: vedere l'Universo attraverso la polvere
Esploriamo l'astronomia infrarossa, una finestra sull'universo che penetra le nubi di polvere cosmica rivelando stelle nascenti, galassie lontane e molto altro.
L'Infrarosso: un ponte tra il visibile e l'invisibile
Entriamo nel mondo dell'astronomia infrarossa, dietro le polveri alla ricerca della comprensione dell'universo freddo
Dopo aver esplorato le onde radio e le microonde, proseguiamo il nostro viaggio attraverso lo spettro elettromagnetico spostandoci tra la luce visibile, quella che i nostri occhi percepiscono, e le microonde, nella banda chiamata infrarosso, rappresentante una finestra fondamentale per osservare l'universo in modo del tutto nuovo.
La radiazione infrarossa viene emessa da corpi caldi. Più un oggetto è caldo, più radiazione infrarossa emette.
La radiazione infrarossa ha quindi lunghezze d’onda maggiori rispetto alla luce visibile ma inferiori a quelle delle microonde. Il suo range viene suddiviso in tre bande principali:
- Infrarosso vicino (NIR): 0,7-1,4 µm, vicino alla luce visibile.
- Infrarosso medio (MIR): 1,4-15 µm, legato al calore e alle emissioni termiche.
- Infrarosso lontano (FIR): 15-1000 µm, associato a sorgenti più fredde, come nubi di polvere interstellare.
Dal punto di vista dell'incidenza sul suolo terrestre, l’atmosfera blocca alcune lunghezze d’onda infrarosse, rendendo necessario l’uso di telescopi spaziali o osservatori a grande altitudine. Nello spazio, invece, le onde infrarosse attraversano polveri e gas, rendendole preziose per osservare regioni nascoste come nubi di formazione stellare.
Grazie a strumenti specifici e a sofisticate tecniche di elaborazione delle immagini, gli astronomi possono "vedere" e catturare immagini dettagliate dell'universo in questa banda dello spettro elettromagnetico. I detector utilizzati nei telescopi infrarossi sono sensibili alla radiazione infrarossa e sono in grado di misurare la quantità di energia ricevuta da ogni punto dell'immagine, trasformando l’energia infrarossa in segnali elettrici. I dati grezzi vengono poi "mappati" su una scala di colori che può essere rappresentata visivamente. Questo processo si chiama falsificazione del colore (false-color imaging). Ad esempio, diverse lunghezze d'onda dell'infrarosso possono essere rappresentate con colori che vanno dal rosso (per lunghezze d'onda più lunghe) al blu (per lunghezze d'onda più corte). Quindi, mentre l’occhio umano non può vedere l’infrarosso, i dati vengono visualizzati in colori che noi possiamo percepire, dando l'impressione di una "foto" in infrarosso.
Spesso, le immagini infrarosse non sono mostrati da sole, ma combinate con dati ottenuti in altre lunghezze d’onda, come la luce visibile, i raggi X o l'ultravioletto. Questo approccio, detto imaging multi-banda, consente di ottenere una rappresentazione più completa di un oggetto o di un fenomeno astronomico, evidenziando aspetti diversi che non sarebbero visibili in una singola banda.
Un altro metodo utilizzato nell'astronomia a infrarosso è la spettroscopia. Utilizzando spettrometri, gli astronomi possono analizzare la luce infrarossa in modo dettagliato, scomponendola in uno spettro di lunghezze d'onda e interpretando le caratteristiche chimiche e fisiche di un oggetto osservato. I dati spettroscopici vengono poi visualizzati e interpretati attraverso grafici o immagini colorate.
La nascita dell'Astronomia infrarossa
Dalla Scoperta di Herschel ai Primi Telescopi Infrarossi
La scoperta della radiazione infrarossa risale al 1800, grazie all'astronomo britannico William Herschel (1738 - 1822). Mentre studiava la distribuzione del calore nello spettro solare con un prisma, Herschel notò che la quantità di calore misurata da un termometro aumentava progressivamente dal violetto al rosso. Decise quindi di misurare la quantità di calore anche oltre l'estremità rossa dello spettro visibile, in una zona dove non era percepibile alcuna luce. Con sua sorpresa, scoprì che era presente una misurabile quantità di calore anche in questa zona invisibile, dimostrando l'esistenza di una radiazione invisibile all'occhio umano, che chiamò "raggi calorifici".
Herschel usò un prisma per scomporre la luce del Sole nei suoi colori (lo spettro). Poi mise un termometro in diverse zone di questo spettro per misurarne il "calore". Non stava misurando la temperatura di ciascun singolo raggio di sole, ma la quantità totale di energia termica che arrivava al termometro in ogni zona dello spettro. In questi termini, la quantità totale di energia termica che arrivava al termometro aumentava spostandosi dal violetto al rosso. In altre parole, nella zona del rosso arrivava una maggior quantità di energia termica rispetto alla zona violetta anche se i singoli fotoni rossi hanno meno energia dei corrispettivi violetti. Il motivo risiede nella distribuzione dell'energia solare e nell'assorbimento atmosferico terrestre.
Oltre il rosso, laddove non vi era luce visibile, vi era invece una misurabile quantità di energia termica: la radiazione infrarossa.
Dopo la scoperta di Herschel, nei secoli XVIII e XIX, si svilupparono importanti concetti fisici come la termodinamica e la teoria ondulatoria della luce, in grado di fornire un costesto teorico per la piena comprensione della natura della radiazione infrarossa.
Il XIX Secolo: Approfondimenti e Prime Difficoltà
Nel corso del XIX secolo, diversi scienziati contribuirono allo studio delle proprietà dell'infrarosso. Tra questi, Macedonio Melloni (1798 - 1854) negli anni '30 dell'Ottocento condusse studi approfonditi sulla radiazione termica, dimostrando che essa si propaga come la luce e sviluppando il termomoltiplicatore, uno strumento sensibile per misurarne l'intensità. Fu Charles Piazzi Smyth (1819 - 1900), astronomo reale scozzese, che nel 1856 effettuò misurazioni dell'emissione infrarossa della Luna dal picco Guajara a Tenerife, dimostrando per la prima volta la possibilità di osservazioni astronomiche in questa banda dello spettro a condizione di ridurre la quantità di atmosfera tra la sorgente e l'osservatore e quindi di ridurre l'assorbimento atmosferico, un aspetto cruciale per l'infrarosso. Samuel Pierpont Langley (1834 - 1906), astronomo e fisico statunitense, inventò il bolometro nel 1878, uno strumento estremamente sensibile in grado di misurare minime variazioni di temperatura dovute all'assorbimento di radiazione infrarossa. Il bolometro di Langley fu cruciale per i successivi studi sull'infrarosso e per i primi tentativi di osservazioni astronomiche. Langley stesso usò il bolometro per studiare lo spettro solare, estendendo le misurazioni nell'infrarosso.
In questo periodo, la spettroscopia si affermò come tecnica fondamentale per l'analisi della luce e della radiazione, aprendo la strada all'analisi della composizione chimica degli oggetti celesti anche nell'infrarosso.
I Primi Tentativi di Osservazione Astronomica (Inizio XX Secolo)
Nonostante l'avviso di Charles Piazzi Smyth, le osservazioni astronomiche infrarosse da terra si rivelarono estremamente difficili a causa dell'assorbimento atmosferico. L'atmosfera terrestre contiene vapore acqueo (H2O) e anidride carbonica (CO2), che assorbono fortemente la radiazione infrarossa in specifiche bande di lunghezza d'onda. Solo alcune "finestre atmosferiche", ovvero intervalli di lunghezze d'onda in cui l'atmosfera è relativamente trasparente, permettono osservazioni infrarosse da terra. Questo limitava notevolmente le possibilità di studio dell'universo in infrarosso.
- Infrarosso vicino (0,7 - 2,5 µm) - tilizzata per osservazioni di stelle, galassie, e composizioni superficiali di oggetti planetari:
- Finestra 1: Circa 1 - 1,3 µm.
- Finestra 2: Circa 1,5 - 1,8 µm.
- Finestra 3: Circa 2,0 - 2,5 µm.
- Infrarosso medio (3 - 8 µm) - ideale per studiare oggetti caldi come nane brune, polveri calde, e dischi protoplanetari:
- Finestra principale: Circa 3 - 5 µm.
- Infrarosso termico (8 - 14 µm) - usata per lo studio dell'emissione termica di oggetti freddi, come nubi di polvere e galassie lontane:
- Finestra principale: Circa 8 - 13 µm.
- Infrarosso lontano (15 - 1.000 µm):
- Gran parte di questa regione è fortemente bloccata dall'atmosfera terrestre.
- Solo una piccola finestra attorno a 20 - 25 µm è parzialmente accessibile da osservatori terrestri a elevata altitudine e in condizioni atmosferiche secche.
- Per il resto, sono necessarie osservazioni dallo spazio.
Come accennato, i principali gas responsabili dell'assorbimento sono vapore acqueo H2O, anidride carbonica CO2, ozono O3 e metano CH4.
Di seguito uno schema semplificato dell'assorbimento atmosferico di radiazione infrarossa proveniente dallo spazio.
Per ovviare al blocco atmosferico, lo sviluppo di nuove tecnologie di rivelazione fu fondamentale per il progresso dell'astronomia infrarossa. Oltre al bolometro, vennero sviluppate termocoppie, fotomoltiplicatori (con sensibilità estesa all'infrarosso vicino) e, successivamente, sensori a stato solido, come i rivelatori a base di germanio drogato con gallio (Ge:Ga) e i rivelatori a base di tellururo di cadmio e mercurio (HgCdTe), che offrivano maggiore sensibilità e risoluzione.
Uno dei pionieri delle osservazioni astronomiche infrarosse fu William Weber Coblentz (1873 - 1962), che all'inizio del XX secolo misurò l'emissione infrarossa di stelle, pianeti (Marte, Venere e Giove) e nebulose. Tuttavia, le limitazioni imposte dall'atmosfera terrestre rendevano queste osservazioni molto complesse e poco precise. Parallelamente, la meccanica quantistica iniziò a fornire una comprensione più profonda dell'interazione tra la radiazione e la materia, fondamentale per interpretare gli spettri infrarossi degli oggetti celesti.
L'Era Spaziale e la Rivoluzione Infrarossa (Seconda Metà del XX Secolo e XXI Secolo)
La vera svolta per l'astronomia infrarossa arrivò con la possibilità di effettuare osservazioni dallo spazio, al di sopra dell'atmosfera terrestre. Negli anni '60 e '70 del XX secolo, infatti, lo sviluppo della tecnologia missilistica e spaziale rese possibile l'osservazione al di sopra dell'atmosfera terrestre, aprendo una nuova era per l'astronomia infrarossa.
I primi tentativi in questa direzione furono realizzati con telescopi aerotrasportati, come il Kuiper Airborne Observatory (KAO), un aereo C-141 Starlifter modificato che trasportava un telescopio infrarosso, gestito dalla NASA dal 1974 al 1995. Il telescopio aveva 91 centimetri di diametro e ha contribuito significativamente alla nostra comprensione dell'universo, con diverse scoperte importanti tra le quali gli anelli di Urano (1977) e l'atmosfera di Plutone (1988), a cui si aggiunsero fondamentali nozioni su formazione stellare, molecole complesse nello spazio, acqua nelle comete e nell'atmosfera di Giove, la regione centrale della Via Lattea e misurazioni dello spettro di Mercurio.
Ma fu il lancio del primo satellite dedicato all'astronomia infrarossa, l'Infrared Astronomical Satellite (IRAS) nel 1983, a rivoluzionare il campo. IRAS effettuò una survey completa del cielo nell'infrarosso, rivelando migliaia di nuove sorgenti e aprendo nuove prospettive per lo studio dell'universo.
Successivamente, altre missioni spaziali come l'Infrared Space Observatory (ISO), lo Spitzer Space Telescope (SST) e il Wide-field Infrared Survey Explorer (WISE) hanno continuato a fornire dati preziosi nell'infrarosso, portando a importanti scoperte su esopianeti, galassie lontane, nubi molecolari e molto altro. James Webb Space Telescope (JWST), con la sua sensibilità senza precedenti nell'infrarosso, sta aprendo nuove frontiere nello studio delle prime galassie, della formazione stellare e delle atmosfere degli esopianeti.
Cosa si studia in infrarosso
Nonostante l'emissione infrarossa sia legata al calore, i campi di applicazione riguardano essenzialmente l'universo freddo. Sembra un controsenso ma non lo è affatto.
L'astronomia a infrarosso è spesso definita come lo studio dell’universo freddo, perché consente di osservare oggetti che emettono radiazione termica a basse temperature, invisibili in altre bande dello spettro elettromagnetico.
Ma l'emissione infrarossa non era legata al concetto di "calore"? Spesso si associa l'infrarosso alla sensazione di calore proprio per il fatto che molti oggetti emettono radiazione infrarossa in base alla loro temperatura, ed è questa radiazione che percepiamo come calore. Tuttavia, è fondamentale distinguere tra la sensazione di calore e la radiazione infrarossa in sé, che è una forma di energia che si propaga nello spazio anche in assenza di materia che la assorba e la converta in calore.
$$ \lambda_{\text{max}} = \frac{b}{T} $$
dove:
- $$ \lambda_{\text{max}} $$ è la lunghezza d'onda di massima emissione.
- $$ T $$ è la temperatura del corpo in kelvin.
- $$ b $$ è la costante di Wien (2,897×10-3 m⋅K).
Ad esempio, il Sole, con una temperatura superficiale di circa 5778 K, ha una lunghezza d'onda di massima emissione di circa 500 nm, che cade nella parte visibile dello spettro.
Questo significa che la lunghezza d'onda di massima emissione di un oggetto dipende dalla sua temperatura: oggetti molto caldi (migliaia di gradi, come le stelle) emettono principalmente nella luce visibile o ultravioletta, mentre oggetti più freddi (da pochi a centinaia di kelvin) emettono invece la maggior parte della loro energia nell’infrarosso.
Quindi, anche se l’infrarosso è spesso associato a calore (e quindi a corpi "caldi"), il termine "caldo" è relativo. In astronomia: un corpo con una temperatura di poche centinaia di kelvin è caldo rispetto all'universo freddo, dove la temperatura media del fondo cosmico è di soli 2,7 K. Per questo l'infrarosso è ideale per studiare oggetti relativamente freddi, come quelli presenti nello spazio interstellare. Per esempio, la radiazione del fondo cosmico, che ha una temperatura di 2,7 K, emette principalmente in infrarosso lontano, con una lunghezza d'onda caratteristica di circa 1 mm.
Altra caratteristica dell'infrarosso è data proprio dalla lunghezza d'onda, superiore a quella della luce visibile. Questo significa che le particelle di polvere che bloccano la luce visibile (tipicamente grandi quanto la lunghezza d'onda della luce, cioè tra 0,4 e 0,7 µm) non riescono a bloccare efficacemente le lunghezze d’onda infrarosse, che possono essere anche centinaia di volte più lunghe. Inoltre, questo consente all'infrarosso di "vedere attraverso" le nubi di polvere e di rivelare oggetti nascosti, come stelle in formazione e strutture galattiche.
Alla luce di tutto ciò, studiare l'universo in infrarosso vuol dire studiare campi quali:
- Nubi di polvere interstellare, con temperature di pochi decimi o centinaia di kelvin.
- Dischi protoplanetari attorno a giovani stelle, composti da gas e polveri freddi.
- Galassie lontane e oscure, il cui contenuto polveroso assorbe la luce visibile e riemette energia sotto forma di radiazione infrarossa.
- Oggetti celesti deboli e freddi, come nane brune o pianeti extrasolari.
I campi di applicazione e i risultati
Vediamo ora brevemente quali sono i campi di applicazione di questa banda dello spettro e a quali risultati fondamentali siamo giunti
Come detto, l'infrarosso, con la sua capacità di penetrare le nubi di polvere e di rilevare la radiazione termica, ha rivelato aspetti dell'universo precedentemente nascosti. Vediamo quindi in quali ambiti l'astronomia infrarossa abbia consentito questi salti in avanti nella comprensione.
Formazione stellare e nubi molecolari
L’astronomia a infrarosso gioca un ruolo fondamentale nello studio della formazione stellare e delle nubi molecolari, due ambiti strettamente intrecciati.
Le nubi molecolari, dense concentrazioni di gas e polveri, sono i luoghi in cui nascono le stelle. Tuttavia, a causa delle elevate quantità di polveri presenti, la luce visibile viene completamente assorbita, rendendo impossibile osservare i processi interni con i telescopi ottici. Qui entrano in gioco le osservazioni nell’infrarosso: queste lunghezze d’onda, infatti, riescono a penetrare le spesse coltri di polvere e rivelare ciò che avviene all’interno di questi bozzoli cosmici.
Grazie ai telescopi a infrarosso, gli astronomi possono identificare e monitorare le regioni in cui stanno collassando frammenti di nubi molecolari, processi che portano alla formazione di protostelle. L’infrarosso permette di osservare direttamente il calore emesso dalle polveri che circondano queste protostelle, fornendo indizi preziosi sulla loro massa, temperatura e stadio evolutivo. Inoltre, le osservazioni nell’infrarosso medio e lontano sono cruciali per tracciare la distribuzione del gas molecolare e delle polveri, svelando la complessa struttura interna delle nubi, dai filamenti più densi alle regioni più rarefatte.
Un esempio emblematico di questo tipo di ricerca è la Nebulosa di Orione, uno dei siti di formazione stellare più studiati nella nostra galassia, e in particolare la regione nota come Trapezio. Le osservazioni a infrarosso hanno permesso di identificare centinaia di giovani stelle, molte delle quali ancora immerse nei loro bozzoli di gas e polveri. In alcuni casi, si è potuto addirittura osservare la presenza di dischi protoplanetari attorno a queste stelle nascenti, suggerendo che i processi di formazione planetaria inizino precocemente.
Immagine NASA dell'Ammasso del Trapezio, in Orione, Hubble Space Telescope, Visibile (sinistra) and IR (destra).
Un altro caso di studio rilevante è quello delle nubi molecolari nelle vicinanze del centro galattico. Grazie a missioni come Spitzer e, più recentemente, il James Webb Space Telescope (JWST), gli astronomi hanno individuato segni di attività stellare nelle regioni più dense e turbolente, dove la formazione stellare risulta estremamente efficiente ma difficile da osservare a causa dell’intensa oscurazione.
Inoltre, l’infrarosso consente di rilevare i cosiddetti oggetti di Herbig-Haro, getti di gas accelerati dalle giovani stelle che interagiscono violentemente con il mezzo interstellare circostante. Questi getti, invisibili nello spettro visibile, brillano intensamente nell’infrarosso, fornendo una traccia dinamica dell’attività in corso.
Esopianeti e dischi protoplanetari
L’astronomia a infrarosso ha rivoluzionato lo studio degli esopianeti e dei dischi protoplanetari, permettendo agli scienziati di osservare fenomeni altrimenti invisibili in altre bande dello spettro elettromagnetico. Grazie alla sensibilità dell’infrarosso al calore, è possibile rilevare la radiazione termica emessa da oggetti relativamente freddi come i pianeti extrasolari e analizzare le caratteristiche chimiche e fisiche dei dischi che circondano le giovani stelle, dove nascono nuovi sistemi planetari.
Per quanto riguarda gli esopianeti, l’infrarosso consente di andare oltre la semplice individuazione: permette di studiarne direttamente l’atmosfera. Attraverso tecniche come la spettroscopia a infrarosso, gli astronomi possono analizzare la luce stellare che attraversa l’atmosfera di un pianeta durante un transito o la radiazione termica emessa dal pianeta stesso. Questo ha reso possibile identificare firme molecolari come acqua, metano, anidride carbonica e ossidi di azoto, fornendo indizi preziosi sulla composizione e la potenziale abitabilità di questi mondi lontani. Missioni come il telescopio Spitzer e, più recentemente, il James Webb Space Telescope (JWST), hanno portato alla scoperta di atmosfere con nubi ricche di acqua e variazioni climatiche sorprendenti su pianeti giganti caldi.
Grazie alla combinazione di coronografi e imaging a infrarosso, è anche possibile "spegnere" virtualmente la luce della stella centrale e osservare i pianeti circostanti. Questi strumenti hanno permesso di ottenere immagini dirette di sistemi planetari come quello di HR 8799, dove quattro pianeti giganti orbitano attorno alla loro stella.
Animazione del movimento dei pianeti del sistema HR 8799 ripreso dal telescopio Keck. Credits: Video making & motion interpolation: Jason Wang Data analysis: Christian Marois Orbit determination: Quinn Konopacky Data Taking: Bruce Macintosh, Travis Barman, Ben Zuckerman
Il contributo dell’infrarosso è altrettanto cruciale per comprendere i dischi protoplanetari, strutture di gas e polveri che si formano attorno a giovani stelle e rappresentano le culle di nuovi pianeti. L’emissione termica nell’infrarosso proviene dalle polveri riscaldate nel disco, consentendo di mappare la distribuzione del materiale e studiarne l’evoluzione. Questo è fondamentale per comprendere i processi di accrescimento e aggregazione che portano alla formazione di pianeti. Un esempio tra tanti è il disco attorno alla stella J 1604, osservato con incredibile dettaglio dal telescopio Subaru a 1.6 micrometri: coprendo la luce stellare è stato possibile identificare le zone vuote all’interno del disco, probabilmente scavate da pianeti in formazione. Queste scoperte forniscono indizi preziosi sui tempi e sui meccanismi di formazione planetaria.
Il disco protoplanetario intorno alla stella J 1604 ripreso dal Subaru Telescope. Credit: The Graduate University for Advanced Studies and the National Astronomical Observatory of Japan
In aggiunta, l’infrarosso permette di analizzare la chimica dei dischi protoplanetari. Molecole come acqua, metano e ammoniaca emettono linee caratteristiche in questa banda, rivelando non solo le condizioni fisiche del disco, ma anche la potenziale formazione di composti complessi legati alla chimica prebiotica. Questo è particolarmente significativo per la comprensione delle condizioni che potrebbero portare all’origine della vita.
Galassie, AGN e loro evoluzione nell'universo primordiale
L’astronomia a infrarosso è una delle chiavi fondamentali per indagare le galassie, i nuclei galattici attivi (AGN) e la loro evoluzione, specialmente nell’universo primordiale. A queste lunghezze d’onda, è possibile osservare la luce emessa da stelle, polveri e gas a temperature relativamente basse, nonché studiare gli effetti della polvere interstellare, che spesso oscura le regioni più attive e dense delle galassie in formazione o in evoluzione. Inoltre, grazie al redshift cosmologico, la luce visibile emessa da galassie lontanissime viene spostata verso l’infrarosso, rendendo questa banda essenziale per studiare l’universo giovane, quando le galassie si stavano formando e le prime stelle cominciavano a brillare.
Uno degli ambiti principali di studio è rappresentato dalle galassie starburst, galassie in cui avviene un’intensa formazione stellare. Le osservazioni nell’infrarosso hanno rivelato che gran parte dell’energia emessa da queste galassie viene assorbita dalla polvere circostante e riemessa nell’infrarosso. Telescopi come Spitzer, Herschel e, più recentemente, il James Webb Space Telescope (JWST) hanno permesso di individuare e studiare queste galassie, mostrando che erano molto più comuni nell’universo primordiale rispetto ad oggi. Un esempio emblematico è il caso della galassia GN-z11, che è tra le più lontane mai osservate (a un redshift di circa 11). Grazie all’osservazione nel vicino infrarosso, è stato possibile rilevare la sua luce e ottenere informazioni preziose sulla sua massa stellare e sulla sua attività di formazione stellare in una fase estremamente precoce dell’universo.
Un altro campo di applicazione cruciale riguarda i nuclei galattici attivi (AGN), ovvero galassie che ospitano al loro centro un buco nero supermassiccio in fase di accrescimento. L’infrarosso è essenziale per penetrare le dense nubi di polvere che spesso circondano questi oggetti, permettendo di osservare sia l’emissione termica del torus (una struttura di polveri calde che avvolge il buco nero) sia i segnali indiretti della sua attività. Ad esempio, le osservazioni a infrarosso del quasar ULAS J1120+0641, un quasar con un redshift di 7,1, hanno mostrato che anche nell’universo giovane esistevano buchi neri supermassicci alimentati da accrescimento intenso, suggerendo che la loro formazione potrebbe essere iniziata molto presto nella storia cosmica.
ULAS J1120+0641 appare come un puntino rosso vicino al centro dell'immagine. La luce risale ad appena 770 milioni di anni dopo il Big Bang. Credit:ESO/UKIDSS/SDSS
Inoltre, l’infrarosso permette di tracciare l’evoluzione delle galassie e delle loro popolazioni stellari nel corso del tempo cosmico. La combinazione di dati a infrarosso e altre bande ha permesso di costruire mappe dettagliate delle galassie nell’universo primordiale, fornendo informazioni sulla crescita delle strutture su larga scala. Un esempio significativo è il programma COSMOS, che ha utilizzato dati a infrarosso per identificare migliaia di galassie a redshift elevati, contribuendo a comprendere come la formazione stellare e la fusione galattica abbiano modellato l’universo.
Grazie all'infrarosso, infine, abbiamo scoperto che molte galassie distanti, troppo deboli per essere osservate nella luce visibile, brillano intensamente nell'infrarosso. Questo fenomeno è dovuto alla presenza di grandi quantità di polvere che assorbono la luce ultravioletta e visibile emessa dalle stelle giovani e calde, riscaldandosi e riemettendo radiazione infrarossa. Queste galassie, chiamate galassie a infrarossi luminosi o ULIRGs (Ultra Luminous Infrared Galaxies), sono spesso il risultato di fusioni galattiche e rappresentano fasi cruciali nell'evoluzione delle galassie.
Cosmologia e universo oscuro
L’astronomia a infrarosso ha fornito un contributo inestimabile agli studi cosmologici e alla comprensione delle componenti oscure dell’universo, ovvero materia oscura ed energia oscura. Questi aspetti rappresentano alcune delle frontiere più misteriose dell’astrofisica, e l’infrarosso gioca un ruolo cruciale perché consente di osservare fenomeni altrimenti inaccessibili con altre bande dello spettro elettromagnetico.
In cosmologia, una delle principali applicazioni dell’infrarosso riguarda l’osservazione delle galassie e delle strutture cosmiche a elevati redshift, ovvero quando l’universo era giovane. Grazie al redshift cosmologico, la luce emessa dalle prime stelle e galassie si è spostata verso lunghezze d’onda infrarosse, rendendo questa banda fondamentale per studiare l’epoca della reionizzazione, quando l’universo è passato da uno stato neutro a uno ionizzato. Missioni come Spitzer e il James Webb Space Telescope (JWST) hanno permesso di rilevare galassie risalenti a meno di un miliardo di anni dopo il Big Bang, rivelando dettagli sulla loro composizione chimica, sulle prime fasi di formazione stellare e sulla crescita dei buchi neri supermassicci. Ad esempio, come già accennato, osservazioni a infrarosso hanno confermato la presenza di galassie estremamente luminose e massicce già nell’universo primordiale, sfidando i modelli convenzionali di formazione delle strutture.
Un altro ambito cruciale è lo studio del fondo cosmico a infrarosso (CIB, Cosmic Infrared Background), una radiazione diffusa che rappresenta la somma della luce emessa da tutte le stelle e galassie nel corso della storia cosmica. Analizzare il CIB permette di tracciare l’evoluzione della formazione stellare su scala cosmica, comprese le epoche e le regioni in cui si sono formate la maggior parte delle stelle. Il telescopio Herschel è stato fondamentale in questo contesto, contribuendo a svelare come le galassie polverose abbiano dominato la formazione stellare durante l’epoca di picco, circa 10 miliardi di anni fa.
Per quanto riguarda le componenti oscure dell’universo, l’infrarosso è particolarmente utile nello studio delle lenti gravitazionali, un fenomeno previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein. La luce emessa da galassie lontanissime, spesso spostata verso l’infrarosso, viene amplificata e distorta dalla materia oscura presente in galassie o ammassi interposti. Questi effetti di lente gravitazionale non solo rendono visibili galassie troppo deboli per essere osservate direttamente, ma forniscono anche una mappa della distribuzione della materia oscura, che è invisibile ma rilevabile attraverso la sua influenza gravitazionale.
Lenti gravitazionali osservate in infrarosso. Crediti STSCI
L’infrarosso è anche cruciale per studiare l’espansione accelerata dell’universo causata dall’energia oscura. Osservando le supernovae di tipo Ia, che fungono da "candele standard" per misurare le distanze cosmiche, i telescopi a infrarosso possono raccogliere dati più precisi e meno soggetti a interferenze rispetto alle osservazioni ottiche, soprattutto quando queste supernovae si trovano a grandi distanze. Queste misure hanno confermato il modello cosmologico standard, che include la predominanza dell’energia oscura, e continuano a raffinare i parametri cosmologici fondamentali.
Infine, le osservazioni a infrarosso contribuiscono anche alla mappatura su larga scala delle strutture cosmiche, come filamenti e ammassi di galassie, che sono influenzati dalla distribuzione della materia oscura. Progetti come il programma Euclid, che combina dati a infrarosso con altre lunghezze d’onda, stanno gettando luce sul ruolo della materia oscura nella formazione delle strutture cosmiche e sul contributo dell’energia oscura all’espansione dell’universo.
Oggetti freddi e deboli
L’astronomia a infrarosso ha rivoluzionato lo studio di oggetti deboli e freddi nell’universo, rivelando una miriade di fenomeni che sarebbero rimasti invisibili in altre bande dello spettro elettromagnetico. Questi oggetti, che includono nane brune, pianeti extrasolari ed erranti, oggetti transnettuniani e stelle in stadi evolutivi avanzati, emettono principalmente radiazione termica a basse temperature, che si manifesta nell’infrarosso. Grazie agli strumenti sensibili a queste lunghezze d’onda, gli astronomi hanno potuto esplorare un lato nascosto del cosmo e ottenere nuove intuizioni sulla sua complessità.
Le nane brune, spesso chiamate “stelle fallite” per la loro incapacità di sostenere la fusione nucleare dell’idrogeno, sono tra gli oggetti più iconici studiati a infrarosso. Questi corpi celesti emettono pochissima luce visibile ma brillano nell’infrarosso, dove la loro emissione termica può essere rilevata. Missioni come WISE hanno scoperto centinaia di nane brune nella nostra galassia, compresi oggetti estremamente freddi, come quelli della classe spettrale Y, con temperature superficiali paragonabili a quelle della Terra. L’identificazione di queste nane brune ha permesso di comprendere meglio la linea di demarcazione tra stelle e pianeti giganti, gettando luce sui processi di formazione stellare e planetaria.
L’infrarosso è stato determinante anche nello studio di pianeti erranti, corpi planetari non legati gravitazionalmente a una stella. Questi oggetti, che emettono deboli segnali termici, sono praticamente invisibili nelle bande ottiche. Tuttavia, osservazioni condotte con telescopi come il Subaru Telescope e il Very Large Telescope hanno permesso di identificare e caratterizzare pianeti erranti, contribuendo a capire la frequenza e i meccanismi della loro formazione ed evoluzione. Un esempio emblematico di pianeta errante è CFBDSIR 2149-0403, un oggetto isolato situato a circa 100 anni luce da noi, nella probabile direzione del gruppo di giovani stelle noto come Associazione di AB Doradus. Questo oggetto, identificato inizialmente nel 2012, è stato studiato utilizzando sia osservazioni ottiche che infrarosse. I dati consentono di misurare la temperatura tramite la forma dello spettro infrarosso, la composizione chimica tramite analisi degli spettri infrarossi e la struttura tramite le immagini.
Il pianeta libero CFBDSIR J214947.2-040308.9 nella luce infrarossa è il debole punto blu al centro dell'immagine. Crediti ESO - Osservatorio di La Silla
Un altro campo cruciale è rappresentato dallo studio di oggetti del Sistema Solare esterno, come i corpi transnettuniani. Questi oggetti, che si trovano nelle regioni più fredde e distanti del sistema solare, riflettono poca luce solare ma emettono radiazione termica nell’infrarosso. Grazie a missioni come Herschel, gli astronomi sono riusciti a stimare le dimensioni, le composizioni e le temperature di molti di questi oggetti, migliorando la comprensione della formazione del sistema solare.
Infine, l’infrarosso ha trasformato lo studio delle stelle in stadi evolutivi avanzati, come le giganti rosse e le stelle variabili circondate da polvere. Questi oggetti emettono grandi quantità di energia nell’infrarosso a causa della presenza di polvere circumstellare che assorbe la radiazione stellare e la riemette a lunghezze d’onda più lunghe. Un esempio rilevante è lo studio delle nebulose planetarie e delle loro strutture ricche di polvere, che ha permesso di chiarire i processi attraverso cui le stelle restituiscono materiale al mezzo interstellare.
Struttura Galattica
L’astronomia a infrarosso ha trasformato radicalmente il nostro modo di osservare e comprendere la Via Lattea, la nostra galassia. La capacità di penetrare attraverso le dense nubi di polveri interstellari ha infatti permesso di rivelare la struttura, la composizione e i processi dinamici all’interno della nostra Galassia con una chiarezza senza precedenti.
Uno dei successi più rilevanti è stato lo studio dettagliato della struttura della Via Lattea. Grazie a osservazioni a infrarosso, inizialmente soprattutto da parte della 2MASS (Two Micron All Sky Survey) e di Spitzer, gli astronomi hanno confermato che la nostra Galassia possiede una barra centrale prominente circondata da bracci a spirale. L’infrarosso è stato fondamentale per mappare la distribuzione delle stelle di piccola massa e di popolazioni stellari più antiche, che sono meno luminose nelle lunghezze d’onda visibili ma emettono significativamente nell’infrarosso. Questo ha fornito un quadro più completo della dinamica galattica e delle sue componenti.
L’infrarosso ha anche permesso di esplorare la regione centrale della Via Lattea, dove si trova il buco nero supermassiccio Sagittarius A*. Questa regione è particolarmente difficile da osservare a causa dell’estrema densità di stelle e della presenza di enormi quantità di polvere. Tuttavia, telescopi come Keck e il Very Large Telescope (VLT), utilizzando tecniche a infrarosso vicino e medio, hanno seguito il moto delle stelle vicine al buco nero, permettendo di calcolarne la massa con precisione (circa 4 milioni di masse solari). Questi studi hanno fornito la prova diretta dell’esistenza di un buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia, un risultato di portata storica.
Un altro campo chiave è lo studio delle nubi molecolari giganti e delle regioni di formazione stellare distribuite lungo i bracci della Via Lattea. L’infrarosso è essenziale per individuare le giovani stelle ancora avvolte nei loro bozzoli di gas e polveri. Missioni come Herschel e Spitzer hanno rivelato complessi dettagli delle nursery stellari, evidenziando processi di formazione stellare su scala galattica. Queste osservazioni hanno permesso di comprendere meglio come le nubi molecolari collassano per formare nuove generazioni di stelle e di mappare la distribuzione del gas e della polvere all’interno della galassia.
Mappa della Via Lattea a infrarosso. Crediti Spitzer-Caltech
Inoltre, l’infrarosso è stato cruciale nello studio delle popolazioni stellari della Via Lattea, in particolare le stelle variabili e gli ammassi globulari. Le stelle variabili, come le Cefeidi e le RR Lyrae, sono indicatori fondamentali di distanza, e le loro osservazioni a infrarosso hanno migliorato la precisione delle misurazioni, contribuendo a una mappatura più accurata delle dimensioni e della forma della galassia. Gli ammassi globulari, invece, sono stati studiati per approfondire la storia evolutiva della Via Lattea, rivelando informazioni preziose sulle epoche iniziali della formazione galattica.
Infine, grazie all’infrarosso, è stato possibile studiare la distribuzione della polvere interstellare su scala galattica.
Sistema Solare
L'astronomia a infrarosso ha svolto un ruolo fondamentale nello studio del Sistema Solare, ottenendo informazioni sulla composizione, la temperatura e le dinamiche di pianeti, satelliti, asteroidi, comete e polveri interplanetarie.
Uno dei maggiori contributi dell’infrarosso è legato allo studio delle atmosfere planetarie. Per esempio, le osservazioni a infrarosso di Giove condotte con telescopi come il Keck hanno rivelato dettagli dinamici sull’atmosfera del gigante gassoso, come le variazioni di temperatura, la distribuzione delle nubi e le tempeste, tra cui la celebre Grande Macchia Rossa. L’infrarosso ha anche permesso di studiare la composizione chimica dell’atmosfera di Saturno, rilevando la presenza di molecole come metano, ammoniaca ed etano, nonché di analizzare le variazioni stagionali che interessano Titano, il suo principale satellite, famoso per avere una densa atmosfera ricca di metano e un ciclo attivo simile a quello dell'acqua sulla Terra.
Per quanto riguarda i pianeti rocciosi, il telescopio spaziale Spitzer e missioni come Mars Reconnaissance Orbiter hanno utilizzato l’infrarosso per esplorare la superficie di Marte. Questi dati hanno consentito di individuare regioni ricche di minerali idrati, fornendo prove di un passato umido sul pianeta rosso. Inoltre, l’infrarosso è stato cruciale per monitorare l’evoluzione delle tempeste di polvere marziane e per caratterizzare le temperature superficiali, contribuendo a pianificare future missioni esplorative.
L’infrarosso ha rivoluzionato anche lo studio degli asteroidi e delle comete. Missioni come NEOWISE hanno catalogato migliaia di asteroidi vicini alla Terra, calcolandone con precisione dimensioni, forme e composizione. L’infrarosso è particolarmente adatto per questo scopo, poiché gli asteroidi assorbono la luce solare e riemettono energia sotto forma di radiazione termica. Nel caso delle comete, l’infrarosso ha permesso di analizzare i gas e le polveri rilasciati durante il passaggio al perielio, rivelando la composizione chimica del nucleo cometario e fornendo indizi sull’origine del Sistema Solare. Un esempio significativo è lo studio della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko da parte della missione Rosetta, i cui dati infrarossi hanno rivelato una superficie ricca di composti organici complessi.
Un altro campo cruciale è l’osservazione delle polveri interplanetarie e degli anelli planetari. Il satellite Herschel ha prodotto mappe dettagliate della distribuzione delle polveri nel Sistema Solare, evidenziando strutture complesse e processi dinamici. L’infrarosso è stato essenziale anche per caratterizzare la struttura e la composizione degli anelli di Saturno, mostrando variazioni nella distribuzione dei ghiacci e dei materiali organici, nonché per scoprire quelli di Urano grazie ai dati del Kuiper Airborne Observatory.
Infine, l’infrarosso ha reso possibile lo studio dettagliato dei corpi ghiacciati situati ai confini del Sistema Solare, come i pianeti nani e gli oggetti della fascia di Kuiper. Le osservazioni condotte con strumenti come il telescopio spaziale Hubble e Spitzer hanno rivelato superfici ricoperte da ghiacci esotici, come metano, azoto e acqua, e processi di sublimazione legati all’interazione con la radiazione solare. Un esempio iconico è Plutone, il cui studio a infrarosso ha mostrato una superficie incredibilmente dinamica e complessa, ricca di dettagli come ghiacciai di azoto e vaste pianure congelate.
Gli strumenti per l'astronomia a infrarosso
Questa banda di radiazione trova la massima efficienza grazie all'utilizzo di strumenti lanciati oltre l'atmosfera terrestre
Parlando di strumentazione, è importante ribadire il ruolo dell'atmosfera terrestre che, come abbiamo già detto, assorbe gran parte della radiazione infrarossa, rendendo le osservazioni da terra più complesse rispetto a quelle dallo spazio. Tuttavia, grazie a diverse tecnologie, è possibile effettuare osservazioni infrarosse da terra con successo, soprattutto nelle "finestre atmosferiche" consentite.
Strumenti terrestri
Oltre al blocco atmosferico, una delle principali sfide per l'astronomia infrarossa dal suolo terrestre è rappresentato dall'emissione termica: gli strumenti stessi, la cupola dell'osservatorio e l'ambiente circostante emettono radiazione infrarossa, e questa può interferire con le osservazioni. Per minimizzare questo problema, i telescopi devono essere raffreddati e progettati per ridurre al massimo l'emissione termica.
Gli strumenti utilizzati per l'astronomia infrarossa sono sostanzialmente gli stessi telescopi ottici, ma con alcune importanti modifiche e accorgimenti, sia strumentali che di localizzazione.
Dal punto di vista della localizzazione, risulta necessaria una elevata altitudine per ridurre lo spessore dell'atmosfera presente, abbinata a un clima secco per ridurre la presenza di vapore acqueo e a una bassa turbolenza per evitare anomalie randomiche dei dati e ottenere immagini maggiormente nitide.
Dal punto di vista strumentale, invece, le ottiche devono utilizzare specchi altamente riflettenti, fatti essenzialmente di alluminio e argento, al fine di riflettere bene anche la radiazione infrarossa. Per i rilevatori vengono utilizzati principalmente quelli fotonici raffreddati criogenicamente per ridurre il rumore termico. Tipicamente vengono utilizzati rilevatori HgCdTe (mercurio-cadmio-tellurio) sensibili nell'infrarosso vicino e medio, oppure InSb (antimoniuro di indio), sensibili nell'infrarosso vicino. Altro strumento per limitare la turbolenza è l'ottica adattiva: si tratta di una tecnologia essenziale per evitare la scintillazione dei segnali e quindi la distorsione delle immagini. Tramite un sistema di specchi deformabili in grado di correggere in tempo reale le distorsioni atmosferiche è possibile ottenere immagini maggiormente nitide, a volte paragonabili a quelle ottenute dallo spazio. Oltre a questo, vi è la possibilità di procedere a interferometria infrarossa, combinando i segnali di più telescopi al fine di ottenere immagini la cui risoluzione riesce a superare i limiti imposti dalla turbolenza.
Sebbene si possa pensare che la ripresa dallo spazio sia efficientemente migliore, ci sono alcuni punti che giocano invece a favore della ripresa da terra. I costi sono sicuramente inferiori visto che costruzione e mantenimento sono più abbordabili. A questo si aggiunge una maggior flessibilità e possibilità di aggiornamento degli strumenti. Nonostante le difficoltà dovute all'atmosfera, quindi, i telescopi terrestri dotati di tecnologie avanzate come l'ottica adattiva e rivelatori sempre più performanti continuano a giocare un ruolo fondamentale nell'astronomia infrarossa, complementare alle osservazioni spaziali.
Dopo queste generalità, possiamo accennare a una breve carrellata degli strumenti in infrarosso maggiormente operativi nel tempo.
Infrared Telescope Facility (IRTF)
L'InfraRed Telescope Facility (IRTF) è un telescopio della NASA dedicato esclusivamente all'astronomia infrarossa, situato presso l'Osservatorio di Mauna Kea, sull'isola di Hawaii, a un'altitudine di circa 4.200 metri sul livello del mare. Costruito originariamente per supportare le missioni Voyager verso i pianeti esterni del Sistema Solare negli anni '70, l'IRTF è diventato la principale installazione statunitense per l'astronomia infrarossa, continuando a fornire dati preziosi per la ricerca astronomica. È gestito dall'Università delle Hawaii sotto un accordo di cooperazione con la NASA. Una caratteristica distintiva dell'IRTF è la sua politica di allocazione del tempo di osservazione: la metà del tempo è dedicata allo studio del Sistema Solare, mentre l'altra metà è aperta alla comunità scientifica per proposte di ricerca su altri argomenti.
IRTF della NASA a Mauna Kea. Crediti NASA
Il telescopio principale dell'IRTF ha uno specchio primario di 3 metri di diametro. Sebbene non sia il più grande telescopio al mondo, la sua ottimizzazione per l'infrarosso e la sua posizione strategica lo rendono uno strumento estremamente efficace per questo tipo di osservazioni.
- SpeX: uno spettrografo che opera tra 0,8 e 5,4 μm, con risoluzione da bassa a moderata (da R = 100 a R = 2000), utilizzando prismi dispersori incrociati con guidatore infrarosso parallelo. È particolarmente adatto per lo studio di oggetti deboli e per la classificazione spettrale.
- CSHELL: uno spettrografo ad alta risoluzione (R = 30 000) che opera tra 1 e 5,5 μm. È utilizzato per studiare la composizione chimica delle atmosfere planetarie e di altri oggetti celesti con grande dettaglio.
- MIRSI: una fotocamera operante nell'infrarosso termico, tra 4,9 e 25 μm, con la possibilità di utilizzare la tecnologia grisma (una combinazione di prismi e reticoli di diffrazione), che le permette di operare anche misurazioni spettroscopiche. Questo strumento è ideale per studiare oggetti freddi come nubi molecolari e dischi protoplanetari.
- NSFCam2: una fotocamera operante tra 1 e 5,5 μm, adatta alla scienza planetaria. È dotata di un'ampia serie di filtri e di un filtro variabile in modo continuo (CVF).
Oltre a questi strumenti permanenti, l'IRTF ospita anche strumenti "in visita", spesso spettrografi nell'infrarosso termico, che vengono utilizzati per campagne osservative specifiche.
Grazie alla sua strumentazione e alla sua posizione, l'IRTF ha contribuito a numerose scoperte scientifiche, in particolare nel campo dello studio del Sistema Solare. Alcuni esempi includono:
- Studio delle atmosfere planetarie: L'IRTF ha fornito importanti informazioni sulla composizione delle atmosfere di Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone, rivelando la presenza di diverse molecole e composti chimici.
- Osservazione di comete e asteroidi: L'IRTF ha studiato la composizione e l'evoluzione delle comete e degli asteroidi, fornendo indizi sulla formazione del Sistema Solare.
- Scoperta di nuovi satelliti naturali: L'IRTF ha contribuito alla scoperta di nuovi satelliti naturali attorno ai pianeti esterni.
- Studio di esopianeti: Sebbene non sia il suo obiettivo principale, l'IRTF ha anche contribuito alla ricerca e allo studio di esopianeti, in particolare attraverso l'analisi delle loro atmosfere.
- Studio di oggetti transnettuniani (TNO): L'IRTF ha giocato un ruolo importante nello studio di questi corpi celesti situati oltre l'orbita di Nettuno, fornendo informazioni sulle loro proprietà fisiche e orbitali.
Very Large Telescope (VLT)
Si tratta di uno strumento che abbiamo già visto parlando di radioastronomia. In questo contesto basta precisare che può operare anche in infrarosso attraverso strumenti avanzati
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ISAAC (Infrared Spectrometer And Array Camera): combina uno spettrografo e una camera infrarossi, operando nel NIR (da 1 a 5 µm). ISAAC è stato uno degli strumenti originali del VLT e ha contribuito a numerose scoperte, tra cui lo studio di galassie lontane, nane brune e regioni di formazione stellare. Sebbene non sia più operativo, è stato fondamentale per lo sviluppo dell'astronomia infrarossa con il VLT.
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NACO (NAOS-CONICA): è un sistema di ottica adattiva (NAOS, Nasmyth Adaptive Optics System) combinato con una camera infrarossa (CONICA, COudé Near Infrared Camera). Opera nel NIR (da 1 a 5 µm) e fornisce immagini di altissima risoluzione, correggendo le distorsioni atmosferiche. NACO è stato utilizzato per studiare dettagli di oggetti celesti come dischi protoplanetari, nuclei galattici attivi e stelle vicine.
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VISIR (VLT Imager and Spectrometer for mid-Infrared): è uno spettrografo e camera per il medio infrarosso (MIR), operando tra 8 e 25 µm. Questo strumento è particolarmente adatto per studiare oggetti freddi come nubi molecolari, polveri circumstellari, esopianeti e nuclei galattici attivi oscurati dalla polvere. VISIR ha permesso, ad esempio, di studiare la composizione delle atmosfere di esopianeti e di ottenere immagini dettagliate di regioni di formazione stellare.
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SINFONI (Spectrograph for INtegral Field Observations in the Near Infrared): è uno spettrografo a campo integrale che opera nel NIR (da 1 a 2,5 µm). Questo strumento permette di ottenere spettri di diverse regioni di un oggetto contemporaneamente, fornendo una mappa dettagliata delle sue proprietà fisiche e chimiche. SINFONI è stato utilizzato per studiare galassie lontane, nuclei galattici attivi e regioni di formazione stellare.
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CRIRES+ (CRyogenic high-resolution InfraRed Echelle Spectrograph): è uno spettrografo ad alta risoluzione che opera nel NIR (da 1 a 5 µm). È in grado di misurare con grande precisione le velocità radiali delle stelle e di studiare la composizione chimica delle atmosfere stellari e degli esopianeti.
Grazie a questi strumenti, il VLT ha fornito contributi significativi in diversi campi dell'astronomia infrarossa quali studio di esopianeti, ottenendo immagini dirette e dati atmosferici, studio di galassie lontane, consentendo di studiarne formazione e evoluzione e rivelando la presenza di galassie massicce già pochi miliardi di anni dopo il Big Bang, studio di regioni di formazione stellare, penetrando le nubi di polvere che oscurano le regioni di formazione stellare e rivelando i processi di nascita delle stelle e la formazione di sistemi planetari, nonché studio del centro galattico.
Keck Observatory
L'Osservatorio W. M. Keck, situato sulla cima del Mauna Kea alle Hawaii, ospita due telescopi gemelli con specchi primari segmentati da 10 metri di diametro, Keck I e Keck II, tra i più grandi e potenti al mondo. L'efficienza nello spettro infrarosso è garantita da grandi dimensioni degli specchi, in grado di raccogliere una grande quantità di luce, dalle caratteristiche del sito osservativo e da un sistema di ottica adattiva.
Il Keck Observatory. Crediti W.M.Keck Observatory
- NIRC2 (Near-Infrared Camera 2): opera nel vicino infrarosso (da 1 a 5 µm) e fornisce immagini ad alta risoluzione. È dotata anche di un coronografo, uno strumento che blocca la luce di una stella per permettere l'osservazione di oggetti molto più deboli nelle sue vicinanze, come esopianeti e dischi protoplanetari. NIRC2 è stato fondamentale per ottenere immagini dirette di esopianeti e per studiare la formazione di sistemi planetari.
- NIRSPEC (Near-Infrared Spectrograph): opera nel vicino infrarosso (da 1 a 5 µm) e permette di analizzare la composizione chimica degli oggetti celesti, misurando le righe spettrali di diverse molecole. NIRSPEC è stato utilizzato per studiare galassie lontane, stelle nel centro galattico e atmosfere di esopianeti.
- OSIRIS (OH-Suppressing InfraRed Imaging Spectrograph): combina imaging e spettroscopia nel vicino infrarosso (da 1 a 2,5 µm) e utilizza una tecnica chiamata "spettroscopia a campo integrale" per ottenere spettri di diverse regioni di un oggetto contemporaneamente. OSIRIS è stato utilizzato per studiare galassie lontane, regioni di formazione stellare e dischi circumstellari.
Subaru Telescope
Il Subaru Telescope, gestito dall'Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone (NAOJ), è un telescopio da 8,2 metri situato anch'esso sulla cima del Mauna Kea, alle Hawaii. E' stato progettato fin dall'inizio per essere efficiente sia nelle osservazioni ottiche che infrarosse, con un'enfasi particolare sull'infrarosso vicino. Questo approccio si riflette nella sua progettazione ottica e nella sua strumentazione, caratterizzata da un ampio specchio primario che offre una grande capacità di raccolta della luce, da un design ottico ottimizzato per minimizzare l'emissione termica del telescopio stesso e dall'installazione in un sito che, come detto, offre condizioni atmosferiche ideali.
- MOIRCS (Multi-Object InfraRed Camera and Spectrograph): lo strumento combina una camera e uno spettrografo per il vicino infrarosso (da 0,9 a 2,5 μm). MOIRCS è in grado di osservare simultaneamente più oggetti in un ampio campo visivo, rendendolo particolarmente adatto per studi su popolazioni di galassie e ammassi stellari.
- FMOS (Fibre Multi-Object Spectrograph): uno spettrografo multi-oggetto per il vicino infrarosso (da 0,9 a 1,8 μm) che utilizza fibre ottiche per raccogliere la luce da centinaia di oggetti contemporaneamente. Questo strumento è stato utilizzato per studiare la distribuzione delle galassie nell'universo e per mappare la struttura a grande scala del cosmo.
- CIAO (Cooled Infrared Spectrograph and Camera for OHS): strumento per il vicino infrarosso che offre sia capacità di imaging che spettroscopiche. È stato utilizzato per studiare le atmosfere di esopianeti, le regioni di formazione stellare e i nuclei galattici attivi.
- COMICS (Cooled Mid-Infrared Camera and Spectrometer): strumento per il medio infrarosso (da 8 a 25 μm) che permette di ottenere immagini e spettri di oggetti freddi come nubi molecolari, dischi circumstellari e nuclei galattici attivi.
- IRD (Infrared Doppler spectrograph): spettrografo ad alta risoluzione per il vicino infrarosso (da 0.95 a 1.7 μm) utilizzato principalmente per la ricerca di esopianeti tramite la misurazione delle velocità radiali delle stelle.
Subaru Telescope. Crediti SubaruTelescope.org
Inoltre, Subaru ha partecipato a importanti survey del cielo nell'infrarosso, come la survey Suprime-Cam, che ha fornito una mappa dettagliata di una vasta porzione del cielo nel visibile e nel vicino infrarosso. Recentemente è stato installato il Prime Focus Spectrograph (PFS), uno spettrografo multi-oggetto che permetterà di osservare simultaneamente migliaia di oggetti celesti, aprendo nuove prospettive per lo studio della struttura a grande scala dell'universo.
Large Binocular Telescope (LBT)
Situato sul Monte Graham in Arizona, il Large Binocular Telescope è uno strumento unico nel suo genere, caratterizzato da due specchi primari da 8,4 metri montati sulla stessa struttura. Questa configurazione binoculare offre una superficie di raccolta della luce equivalente a quella di un telescopio da 11,8 metri, rendendolo uno degli strumenti più potenti al mondo anche nell'infrarosso.
Si caratterizza quindi per grandi specchi primari e quindi ampia raccolta di luce nonché da un sistema di ottiche adattive in grado di correggere le distorsioni. A rendere speciale lo strumento è però la configurazione binoculare, in grado di aumentare la capacità di raccolta della luce e di effettuare osservazioni interferometriche, combinando la luce proveniente dai due specchi per ottenere una risoluzione angolare ancora maggiore. Anche il sito osservativo, Monte Graham, offre buone condizioni, con un'atmosfera relativamente secca e una bassa turbolenza anche se non ai livelli delle Hawaii.
- LUCIFER (Large Binocular Telescope Near-infrared Utility with Camera and Integral-Field Unit for Extragalactic Research): spettrografo e camera per il vicino infrarosso (da 0,9 a 2,5 µm) che offre sia capacità di imaging che spettroscopiche. È particolarmente adatto per studiare galassie lontane, nuclei galattici attivi e regioni di formazione stellare.
- LINC-NIRVANA (LBT Interferometric Camera – Near-InfraRed / Near-Infrared Visible Adaptive Interferometer for Astronomy): strumento interferometrico che combina la luce proveniente dai due specchi dell'LBT per ottenere immagini ad altissima risoluzione nel vicino infrarosso (da 1 a 2,5 µm). Questo strumento è stato progettato per studiare la formazione e l'evoluzione delle galassie, la formazione stellare e la planetologia.
- LBTI (LBT Interferometer): interferometro che opera nel medio infrarosso (da 3 a 13 µm) e viene utilizzato principalmente per la ricerca e lo studio di sistemi planetari extrasolari. Permette di ottenere immagini dirette di esopianeti e di studiare la polvere circumstellare.
- MODS (Multi-Object Double Spectrographs): ha capacità nel vicino infrarosso, estendendo le sue osservazioni fino a circa 1 µm. Questo strumento è utilizzato per studiare la composizione chimica delle galassie e delle stelle.
Telescopio Nazionale Galileo (TNG)
Il Telescopio Nazionale Galileo è un telescopio Ritchey-Chrétien da 3,58 metri di diametro situato presso l'Osservatorio del Roque de los Muchachos sull'isola di La Palma, nelle Isole Canarie. Questo sito, come il Mauna Kea, offre ottime condizioni osservative grazie all'alta quota (2370 msl) e al clima secco, sebbene non raggiunga le stesse altitudini. Il TNG è il principale strumento ottico della comunità astronomica italiana ed è gestito dall'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Sebbene il TNG sia ottimizzato principalmente per osservazioni ottiche, ha anche capacità nel vicino infrarosso (NIR), che lo rendono uno strumento versatile per lo studio di diversi fenomeni astronomici.
- NICS (Near Infrared Camera Spectrometer): camera e spettrografo per il vicino infrarosso (da 0,9 a 2,5 µm). Offre diverse modalità operative, tra cui imaging e spettroscopia a bassa e media risoluzione. NICS è stato utilizzato per studiare una vasta gamma di oggetti, tra cui stelle, galassie, nebulose e esopianeti. Non è più operativo.
- GIANO (High Resolution Spectrograph for the Near Infrared): GIANO è uno spettrografo ad alta risoluzione per il vicino infrarosso (da 0,95 a 2,45 µm). È stato progettato principalmente per la ricerca di esopianeti tramite la misurazione delle velocità radiali delle stelle, ma può essere utilizzato anche per studiare la composizione chimica delle atmosfere stellari e di altri oggetti celesti.
- DOLORES (Device Optimized for the LOw RESolution Spectroscopy): spettrografo e imager a bassa risoluzione, principalmente per l'ottico, ma ha anche capacità nel vicino infrarosso fino a circa 1 µm.
Telescopio Nazionale Galileo. Crediti Instituto de Astrofisica de Canarias
Sebbene non sia un telescopio specificamente progettato per l'infrarosso, ha comunque contribuito a diverse ricerche in questa banda dello spettro, principalmente nel NIR. I risultati più interessanti hanno riguardato ricerca e caratterizzazione di esopianeti, in particolare tramite la misurazione delle velocità radiali delle stelle, studio di stelle giovani e regioni di formazione stellare, di galassie e di corpi minori del Sistema Solare.
UKIRT (United Kingdom Infrared Telescope)
UKIRT è un telescopio da 3,8 metri situato anch'esso sulla cima del Mauna Kea, alle Hawaii. E' stato progettato esclusivamente per lo studio dell'universo all'infrarosso, con conseguente minimizzazione dell'emissione termica e ottimizzazione dei materiali. Nel corso della sua storia, UKIRT ha ospitato diversi strumenti dedicati all'infrarosso.
- UKIRT Wide Field Camera (WFCAM): è stata una camera per il vicino infrarosso (da 0,8 a 2,5 µm) con un ampio campo visivo. È stata utilizzata per importanti survey del cielo, come l'UKIRT Infrared Deep Sky Survey (UKIDSS), che ha mappato vaste porzioni del cielo nel vicino infrarosso, scoprendo milioni di nuovi oggetti, tra cui galassie lontane, nane brune e ammassi stellari.
- UIST (UKIRT Imaging Spectrometer): era uno spettrografo e camera per l'infrarosso che operava tra 1 e 5 µm. Offriva sia capacità di imaging che spettroscopiche, permettendo di studiare la composizione chimica e le proprietà fisiche di diversi oggetti celesti. UIST includeva una Integral Field Unit (IFU), che consentiva di ottenere spettri di diverse regioni di un oggetto contemporaneamente, creando una "mappa 3D" delle sue proprietà spettrali.
- CGS4 (Cooled Grating Spectrometer 4): spettrometro a griglia raffreddato, predecessore di UIST, che ha operato per molti anni fornendo dati spettroscopici nell'infrarosso.
UKIRT. Crediti University of Hawaii
Grazie alla sua progettazione e alla sua strumentazione, UKIRT ha dato importanti contributi in diversi campi dell'astronomia infrarossa in termini di survey del cielo, studio di nane brune e oggetti substellari, regione di formazione stellare e galassie lontane. In seguito alla costruzione del Thirty Meter Telescope (TMT), era previsto il decommisionamento di UKIRT. ma il telescopio continua a essere operativo, seppur con un orario di utilizzo ridotto, e continua a fornire dati scientifici importanti.
Gli osservatori aerotrasportati
Abbiamo visto come l'atmosfera terrestre rappresenti un ostacolo significativo per l'osservazione dell'universo nell'infrarosso. Per superare questo limite, gli astronomi hanno sviluppato diverse strategie, tra cui l'utilizzo di osservatori situati ad alta quota, a bordo di aerei appositamente modificati. Questi osservatori aerotrasportati rappresentano un ponte tra le osservazioni da terra e quelle dallo spazio, offrendo vantaggi unici: una soluzione ingegnosa, che combina la flessibilità delle osservazioni da terra con la riduzione dell'assorbimento atmosferico tipico delle osservazioni spaziali. Il tutto a costi al di sotto delle missioni spaziali.
Gerard P. Kuiper Airborne Observatory (KAO)
KAO, dedicato all'astronomo Gerard Kuiper, è stato un osservatorio astronomico aviotrasportato gestito dalla NASA dal 1974 al 1995. Si trattava di un aereo Lockheed C-141A Starlifter (numero di serie: 6110, registrazione: N714NA, nominativo: NASA 714) pesantemente modificato per trasportare un telescopio riflettore con specchio primario da 91,5 centrimetri di diametro. L'altitudine operativa era compresa tra 12.500 e 14.000 metri, superando il 99% del vapore acqueo atmosferico, con una autonomia di circa 11 mila chilometri. La base operativa era l'Ames Research Center, Moffett Field, in California e durante il periodo di attività sono stati operati ben 1.417 voli scientifici.
- Spettrometri infrarossi: Utilizzati per analizzare la composizione chimica degli oggetti celesti, misurando le righe spettrali di diverse molecole.
- Camere infrarosse: Utilizzate per ottenere immagini di oggetti celesti in diverse bande infrarosse.
- Fotometri: Utilizzati per misurare l'intensità della radiazione infrarossa proveniente dagli oggetti celesti.
Il KAO in volo e un dettaglio dell'interno. Crediti Research Gate
Grazie ai contributi del KAO sono state compiute scoperte epocali. Su tutte la scoperta degli anelli di Urano nel 1977, ma nel 1988 il KAO ha fornito la prima prova dell'atmosfera su Plutone. Oltre a questi risultati eclatanti, il KAO è stato fondamentale per lo studio delle regioni di formazione stellare, per la detection di molecole organiche complesse nello spazio interstellare, nel rilevamento di acqua nelle comete e nell'atmosfera gioviana nonché per le osservazioni del centro galattico.
Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy (SOFIA)
SOFIA è stato un progetto congiunto tra la NASA (80%) e il Centro Aerospaziale Tedesco (DLR) (20%). Si trattava di un Boeing 747SP modificato, ex PanAm e poi United Airlines, sul quale era montato un riflettore con specchio di 2,7 metri in configurazione Bent Cassegrain. Operava tra 11.300 e 13.700 metri, superando il 99.9% del vapore acqueo atmosferico. La base operativa era Palmdale, in California, tranne per il periodo giugno/luglio quando diventava Christchurch in Nuova Zelanda, al fine di cambiare emisfero.
- FORCAST (Faint Object InfraRed CAmera for the SOFIA Telescope): camera per l'infrarosso medio-lontano (5-40 µm) utilizzata per ottenere immagini e mappare le emissioni di polvere e gas in regioni di formazione stellare, galassie e nuclei galattici attivi.
- FIFI-LS (Field Imaging Far-Infrared Line Spectrometer): spettrografo per l'infrarosso lontano (50-200 µm) utilizzato per studiare le righe spettrali di atomi e ioni nelle nubi interstellari e nelle galassie.
- HAWC+ (High-resolution Airborne Wideband Camera-Plus): camera per l'infrarosso lontano (40-240 µm) che forniva immagini ad alta risoluzione della polvere cosmica e dei campi magnetici nelle nubi molecolari e nelle galassie.
- GREAT (German REceiver for Astronomy at Terahertz Frequencies): ricevitore eterodina per l'infrarosso lontano e le frequenze terahertz (1,25-4,7 THz) utilizzato per studiare le righe spettrali di molecole come l'acqua e il carbonio ionizzato nelle nubi interstellari e nelle atmosfere stellari.
- EXES (Echelon-Cross-Echelle Spectrograph): spettrografo ad alta risoluzione per l'infrarosso medio (5-28 µm) utilizzato per studiare la composizione chimica delle atmosfere planetarie, delle comete e delle stelle.
Osservatori orbitanti
Ogni problematica relativa all'atmosfera terrestre viene meno con il lancio di osservatori dedicati, totalmente o meno, all'osservazione infrarossa. Questa si è sviluppata in modo significativo nel corso del tempo, passando da esperimenti pionieristici a sofisticate missioni che stanno rivoluzionando la nostra comprensione dell'universo. La scelta di concentrarsi sull'infrarosso deriva innanzitutto dal fatto che l'espansione dell'universo provoca uno spostamento verso il rosso (redshift) della luce emessa dagli oggetti più distanti, il che significa che la luce visibile emessa dalle prime stelle e galassie viene "stirata" verso lunghezze d'onda maggiori, entrando nella regione infrarossa dello spettro. Per studiare le prime fasi dell'universo, quindi, è necessario osservare nell'infrarosso.
I primi tentativi di osservazione infrarossa dallo spazio furono realizzati con brevi voli su razzi sonda e con esperimenti a bordo di satelliti militari. Questi esperimenti dimostrarono la fattibilità dell'osservazione infrarossa dallo spazio e fornirono le prime immagini del cielo in questa banda dello spettro. La svolta si ha nel 1983, quando si inizia a parlare realmente di satelliti dedicati.
Infrared Astronomical Satellite (IRAS)
L'Infrared Astronomical Satellite (IRAS), lanciato nel 1983, rappresenta una pietra miliare nell'esplorazione dell'universo attraverso la luce infrarossa. Questo satellite, frutto di una collaborazione tra le agenzie spaziali di Stati Uniti (NASA), Regno Unito (SERC, Science and Engineering Research Council) e Paesi Bassi (NIVR, Nederlands Instituut voor Vliegtuigontwikkeling en Ruimtevaart), fu il primo telescopio spaziale dedicato interamente all'osservazione del cielo in questa banda dello spettro elettromagnetico e aprì una nuova finestra sull'universo, rivelando aspetti precedentemente invisibili.
IRAS orbitò attorno alla Terra su un'orbita eliosincrona, mantenendosi sempre nella parte notturna del pianeta per evitare il surriscaldamento causato dalla luce solare diretta. Questa orbita, combinata con un sistema di raffreddamento criogenico che manteneva il telescopio a una temperatura di circa 10 Kelvin (-263 °C), permise di ottenere osservazioni estremamente sensibili nell'infrarosso. Il telescopio principale di IRAS era un riflettore Ritchey-Chrétien con uno specchio primario di 57 cm di diametro, ottimizzato per osservare lunghezze d'onda comprese tra 12 e 100 micrometri, corrispondenti all'infrarosso medio e lontano.
Durante la sua missione, durata circa dieci mesi (dal febbraio al novembre 1983, quando il refrigerante a elio liquido si esaurì), IRAS mappò il 96% del cielo per ben quattro volte, generando un catalogo di oltre 250.000 sorgenti infrarosse. Questa survey completa del cielo rappresentò una vera e propria rivoluzione per l'astronomia, aumentando di circa il 70% il numero di sorgenti astronomiche catalogate fino ad allora. Le osservazioni di IRAS rivelarono un universo ricco di oggetti che emettono principalmente nell'infrarosso, come stelle in formazione avvolte in nubi di polvere, galassie attive con nuclei oscurati dalla polvere, dischi di detriti attorno a stelle giovani e nubi molecolari giganti, le culle delle nuove stelle.
Tra le scoperte più significative di IRAS, si annoverano:
- La scoperta di dischi di polvere attorno a Vega e altre stelle vicine, che suggerirono la possibile presenza di sistemi planetari in formazione.
- L'identificazione del centro della Via Lattea, precedentemente oscurato dalla polvere interstellare, rivelando una regione di intensa attività stellare.
- La scoperta di nuove galassie "ultraluminose" nell'infrarosso, che emettono una quantità di energia enorme principalmente in questa banda dello spettro.
- L'osservazione di comete, tra cui la cometa IRAS-Araki-Alcock, che passò molto vicino alla Terra nel 1983.
L'eredità di IRAS continua a essere sfruttata ancora oggi dagli astronomi, grazie all'archivio di dati pubblici accessibile online.
Infrared Space Observatory (ISO)
L'Infrared Space Observatory (ISO) è stato un telescopio spaziale per l'infrarosso lanciato dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA) nel 1995, in collaborazione con la Japan Aerospace Exploration Agency (JAXA, allora ISAS) e la NASA. Rappresentò un significativo passo avanti rispetto al suo predecessore IRAS, offrendo capacità osservative notevolmente migliorate in termini di sensibilità, risoluzione spettrale e copertura di lunghezze d'onda.
ISO operò per circa 28 mesi, fino all'esaurimento del suo refrigerante criogenico (elio superfluido) nel maggio 1998, superando di otto mesi la durata prevista della missione. Durante questo periodo, il telescopio osservò una vasta gamma di oggetti celesti, dalle comete del Sistema Solare alle galassie più distanti, fornendo dati preziosi per la comprensione di numerosi fenomeni astronomici.
Per svolgere i propri compiti, ISO disponeva di un telescopio Ritchey-Chrétien con uno specchio primario di 60 cm di diametro.
- ISOCAM (Infrared Camera): camera per l'infrarosso che operava in due bande spettrali (2.5-5 µm e 5-17 µm), fornendo immagini di alta qualità di diversi oggetti celesti.
- ISOPHOT (Infrared Photometer): fotometro per l'infrarosso che operava in un ampio intervallo di lunghezze d'onda (2.5-240 µm), utilizzato per misurare la radiazione infrarossa emessa da diverse sorgenti.
- LWS (Long Wavelength Spectrometer): spettrografo per l'infrarosso lontano (45-197 µm) che permetteva di analizzare la composizione chimica di oggetti freddi come nubi molecolari e galassie lontane.
- SWS (Short Wavelength Spectrometer): spettrografo per l'infrarosso vicino e medio (2.4-45 µm) che forniva spettri ad alta risoluzione di stelle, pianeti e altri oggetti celesti.
- Raffreddamento criogenico: ISO utilizzava elio superfluido per raffreddare i suoi strumenti a temperature criogeniche (circa 2-4 Kelvin), necessarie per ridurre il rumore termico e permettere osservazioni sensibili nell'infrarosso.
Rispetto a IRAS, si tratta di un altro tipo di strumento: maggiore sensibilità, maggiore risoluzione spettrale e copertura maggiore delle frequenze ma soprattutto la capacità di puntare oggetti singoli e quindi di staccarsi dalle survey per dedicarsi a sorgenti precise.
ISO ha così contribuito significativamente a diversi campi dell'astronomia infrarossa, tra cui lo studio delle atmosfere dei pianeti solari, della formazione stellare, delle nubi molecolari, delle galassie e del mezzo interstellare, consentendo anche la scoperta di nuove molecole in questo ultimo ambiente, tra le quali l'acqua in diverse regioni.
Spitzer Space Telescope
Lo Spitzer Space Telescope, lanciato il 25 agosto 2003, ha rappresentato un pilastro fondamentale nell'astronomia infrarossa, offrendo una visione senza precedenti dell'universo "caldo" per oltre 16 anni. Parte del programma "Grandi Osservatori" della NASA, insieme a Hubble, Chandra e Compton, Spitzer è stato il quarto e ultimo di questi grandi telescopi ad essere lanciato. A differenza di Hubble, ottimizzato per la luce visibile e ultravioletta, Spitzer è stato progettato specificamente per osservare l'universo nell'infrarosso, una regione dello spettro elettromagnetico cruciale per studiare oggetti freddi, polverosi e distanti. Ha oeprato da un'orbita eliocentrica, il che ha permesso a Spitzer di allontanarsi progressivamente dalla Terra, riducendo l'interferenza del calore terrestre e migliorando le osservazioni infrarosse. Tuttavia, questa scelta orbitale ha anche comportato crescenti difficoltà di comunicazione con la Terra, fino alla conclusione della missione il 30 gennaio 2020.
Il telescopio di Spitzer aveva uno specchio primario di 85 centimetri di diametro, realizzato in berillio, un materiale leggero e resistente che mantiene la sua forma anche a basse temperature. Per operare efficacemente nell'infrarosso, gli strumenti di Spitzer dovevano essere mantenuti a temperature criogeniche. Inizialmente, questo era garantito da un sistema di raffreddamento a elio liquido, che si esaurì nel 2009, segnando la fine della "missione fredda" di Spitzer. Tuttavia, grazie a un ingegnoso design, alcuni strumenti continuarono a operare anche dopo l'esaurimento del refrigerante, nella cosiddetta "missione calda", seppur con una sensibilità ridotta.
- IRAC (Infrared Array Camera): camera che operava in quattro bande dell'infrarosso vicino e medio (3.6, 4.5, 5.8 e 8.0 µm), utilizzata per ottenere immagini di alta qualità di diversi oggetti celesti.
- IRS (Infrared Spectrograph): spettrografo che operava in quattro bande dell'infrarosso medio (5.2-38 µm), utilizzato per analizzare la composizione chimica di gas e polveri.
- MIPS (Multiband Imaging Photometer for Spitzer): fotometro e camera che operava in tre bande dell'infrarosso medio e lontano (24, 70 e 160 µm), utilizzato per mappare vaste regioni del cielo e studiare oggetti freddi.
Wide-field Infrared Survey Explorer (WISE)
Il Wide-field Infrared Survey Explorer (WISE), lanciato dalla NASA nel dicembre 2009, ha rappresentato un importante passo avanti nella mappatura del cielo nell'infrarosso medio. WISE aveva infatti l'obiettivo ambizioso di riprendere e migliorare il lavoro di IRAS, effettuando una survey completa dell'intero cielo e fornendo una sorta di "censimento" di tutti gli oggetti celesti visibili in questa banda dello spettro elettromagnetico.
Il telescopio di WISE, con uno specchio primario di 40 cm di diametro, era relativamente piccolo rispetto ad altri telescopi spaziali, ma la sua vera forza risiedeva nelle quattro camere infrarosse che operavano simultaneamente in diverse bande spettrali: 3.4 µm, 4.6 µm, 12 µm e 22 µm. Questa capacità di osservare in diverse lunghezze d'onda contemporaneamente permetteva di ottenere informazioni dettagliate sulla temperatura e la composizione degli oggetti celesti. Per garantire la sensibilità delle osservazioni, i rivelatori infrarossi di WISE erano raffreddati con un criostato a idrogeno solido.
La mappa di WISE in infrarosso. Crediti NASA
Durante la sua missione primaria, durata dieci mesi, WISE ha mappato l'intero cielo per ben quattro volte, raccogliendo un'enorme quantità di dati. Questo "atlante" infrarosso del cielo ha permesso di catalogare oltre 747 milioni di oggetti, fornendo una risorsa preziosa per la comunità scientifica. Tra le scoperte più significative, WISE si dinstingue per la scoperta di numerose nane brune, lo studio di molte ULIRGs (Ultra-Luminous IR Galaxies) dal punto di vista della formazione e dell'evoluzione, la scoperta e caratterizzazione di asteroidi e comete (attività che valse la seconda fase della missione, nota come NEOWISE), la mappatura della Via Lattea e lo studio di dischi di detriti intorno a stelle giovani.
Herschel Space Observatory
L'Herschel Space Observatory, lanciato dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA) nel 2009 in collaborazione con la NASA e altre agenzie spaziali, ha rappresentato una pietra miliare nell'esplorazione dell'universo nell'infrarosso lontano e nel submillimetrico. A differenza dei telescopi precedenti, che si concentravano principalmente sull'infrarosso vicino e medio, Herschel è stato il primo osservatorio spaziale a coprire l'intero spettro dell'infrarosso lontano e le onde submillimetriche, aprendo una finestra unica sull'universo "freddo". Il nome del telescopio è un omaggio a William Herschel, lo scopritore della radiazione infrarossa nel 1800.
Il cuore di Herschel era un telescopio riflettore con uno specchio primario di 3,5 metri di diametro, il più grande specchio mai lanciato nello spazio per un telescopio infrarosso, il che ha consentito - unitamente alla tecnologia avanzata dei suoi strumenti - di osservare oggetti estremamente deboli e distanti. Herschel utilizzava un sistema di raffreddamento criogenico basato su elio liquido, che ha permesso di mantenere gli strumenti a temperature di circa 2 Kelvin (-271 °C). Questo sistema di raffreddamento ha determinato la durata della missione, che si è conclusa nell'aprile 2013, una volta esaurito l'elio liquido.
- PACS (Photodetector Array Camera and Spectrometer): camera e spettrometro che operava in tre bande spettrali nel lontano infrarosso (da 70 a 160 µm), utilizzata per ottenere immagini e spettri di galassie, nubi molecolari e regioni di formazione stellare.
- SPIRE (Spectral and Photometric Imaging Receiver): strumento che operava in tre bande submillimetriche (250, 350 e 500 µm), utilizzato per mappare vaste porzioni del cielo e studiare la polvere fredda nelle galassie e nelle nubi molecolari.
- HIFI (Heterodyne Instrument for the Far Infrared): spettrometro ad alta risoluzione per l'infrarosso lontano (da 157 a 212 µm e da 240 a 625 µm), utilizzato per studiare la composizione chimica delle atmosfere stellari, delle nubi interstellari e delle comete.
James Webb Space Telescope
Il James Webb Space Telescope (JWST), lanciato il 25 dicembre 2021, rappresenta una vera e propria rivoluzione nell'astronomia infrarossa. A differenza del suo predecessore Hubble Space Telescope, che operava principalmente nelle lunghezze d'onda ottiche e ultraviolette, JWST è stato specificamente progettato e ottimizzato per osservare l'universo nell'infrarosso, aprendo nuove finestre sull'esplorazione del cosmo.
Il cuore di JWST è il suo enorme specchio primario composto da 18 segmenti esagonali rivestiti in oro, con un diametro complessivo di 6,5 metri. Questa ampia superficie di raccolta della luce permette di osservare oggetti estremamente deboli e distanti. Per operare efficacemente nell'infrarosso, JWST deve essere mantenuto a temperature estremamente basse, per evitare che il calore emesso dal telescopio stesso interferisca con le deboli radiazioni provenienti dallo spazio. Il telescopio è dotato di un grande schermo solare a cinque strati, che lo protegge dalla luce del Sole e della Terra, mantenendo gli strumenti a una temperatura di circa -223 °C. Alcuni strumenti, come MIRI, sono raffreddati ulteriormente a -266 °C grazie a un criorefrigeratore.
- NIRCam (Near-Infrared Camera): camera per il vicino infrarosso (0,6-5 µm) per ottenere immagini ad alta risoluzione.
- NIRSpec (Near-Infrared Spectrograph): spettrografo per il vicino infrarosso (0,6-5 µm) per analizzare la composizione chimica degli oggetti.
- MIRI (Mid-Infrared Instrument): strumento per l'infrarosso medio (5-28 µm) con capacità di imaging e spettroscopia, ideale per osservare oggetti freddi.
- FGS/NIRISS (Fine Guidance Sensor/Near Infrared Imager and Slitless Spectrograph): sensore di guida fine combinato con una camera e uno spettrografo senza fenditura per il vicino infrarosso (0,8-5 µm).
Cataloghi e mappe dell'universo in infrarosso
Da Terra e dallo spazio, gli strumenti a disposizione hanno consentito di avere una visione molto completa dell'universo freddo
Abbiamo ormai capito che l'astronomia infrarossa ci offre una prospettiva unica sull'universo, permettendoci di osservare oggetti altrimenti invisibili a occhio nudo e di penetrare le nubi di polvere che oscurano la luce visibile. Nel corso degli anni, diverse missioni spaziali e survey terrestri hanno raccolto una quantità enorme di dati infrarossi, culminando nella creazione di cataloghi e mappe che rappresentano veri e propri atlanti dell'universo "caldo". Esploriamo alcuni dei più importanti.
I cataloghi a infrarosso
La prima survey è dovuta a IRAS ed è stata elaborata a lunghezze d'onda comprese tra 12 e 100 micrometri. Da questa sono nati due cataloghi principali: il Point Source Catalog e il Faint Source Catalog.
Il Point Source Catalog contiene oltre 250 mila sorgenti puntiformi confermate. Per ciascuna sorgente vengono indicate posizione celeste, magnitudini infrarosse a diverse frequenze, classificazione (un tentativo di indicare la natura della sorgente in base alle caratteristiche osservate, anche se il risultato presenta spesso gradi di incertezza elevati a causa della bassa risoluzione di IRAS).
Il Faint Source Catalog, rispetto al "catalogo fratello", è dedicato all'identificazione e alla catalogazione di oggetti celesti più deboli e diffusi. include circa 60 mila sorgenti, specificandone posizione celeste, flusso (energia emessa nella frequenza osservata), estensione.
In media sull'intero catalogo, l'FSC è affidabile per almeno il 98,5% a 12 e 25 micron e per circa il 94% a 60 micron mentre il PSC è affidabile per oltre il 99,997%, ma la sensibilità dell'FSC supera quella del PSC di circa 2,5 volte.
Questi cataloghi furono fondamentali per la scoperta di nuove galassie con emissioni infrarosse, stelle in formazione avvolte in nubi di polvere e dischi di detriti attorno a stelle giovani, suggerendo la possibile presenza di sistemi planetari (si tenga a mente che la conferma del primo esopianeta, 51 Pegasi b, è "soltanto" del 1995). I dati di IRAS rivelarono anche la complessa struttura del centro galattico, precedentemente oscurato dalla polvere interstellare.
Tra il 1997 e il 2001 viene svolta la Two Micron All-Sky Survey (2MASS), un progetto terrestre che è stato in grado di mappare l'intero cielo nel vicino infrarosso (bande J, H e Ks, corrispondenti a 1.25, 1.65 e 2.17 µm). Il suo catalogo contiene posizioni e magnitudini di oltre un miliardo di stelle e milioni di galassie, fornendo una visione dettagliata della struttura della Via Lattea e contribuendo alla scoperta di numerose nane brune, oltre che alla comprensione della distribuzione delle stelle nella Via Lattea e delle galassie nell'universo vicino. Il catalogo 2MASS che ne è derivato contiene oltre 500 milioni di sorgenti puntiformi, comprendendo stelle, quasar e altri oggetti compatti. Un catalogo separato di sorgenti estese contiene circa 1.6 milioni di oggetti, principalmente galassie. Il risultato è impreziosito da immagini ad alta qualità dell'intero cielo scansionato, dando vita a un atlante infrarosso senza precedenti.
Parallelamente o quasi (tra il 1995 e il 2001), la Deep Near Infrared Survey of the Southern Sky (DENIS) si concentrò invece sull'emisfero australe, fornendo dati complementari a 2MASS e contribuendo ulteriormente alla scoperta di nane brune e allo studio della popolazione stellare del disco galattico. Anche qui, le bande indagate sono state quelle del vicino infrarosso e la survey ha portato di nuovo alla scoperta di nane brune, alla determinazione della struttura della Via Lattea e all'identificazione di numerose galassie. Il catalogo che ne è derivato contiene milioni di sorgenti di varia natura.
Tra il 1995 e il 1998 viene rilasciato il catalogo derivante dalle operazioni del satellite ISO: l'ISO Data Archive contiene osservazioni spettroscopiche e di imaging in un ampio intervallo di lunghezze d'onda infrarosse (2.5-240 µm) e ha consentito studi dettagliati di atmosfere planetarie, nubi molecolari, galassie e il mezzo interstellare. Contiene milioni di oggetti celesti e, a differenza dei cataloghi che lo hanno preceduto, può contare su una risoluzione maggiore e quindi su una maggior precisione di dettaglio, specificando per ciascun oggetto posizione, luminosità e spettro, oltre a immagini ad alta risoluzione. Il contributo maggiore è venuto nei campi dello studio delle galassie, delle nubi molecolari, degli oggetti del Sistema Solare.
Dai dati del telescopio Spitzer sono nati diversi cataloghi, ciascuno specializzato su diversi target e ancora oggi strumenti indispensabili per gli astronomi. I dati di Spitzer, caratterizzati da alta sensibilità, ampia copertura, multi-bands e alta risoluzione spaziale, hanno quindi dato vita a:
- GLIMPSE (Galactic Legacy Infrared Mid-Plane Survey Extraordinaire): una survey che si è concentrata sul piano galattico, fornendo una mappa dettagliata delle regioni di formazione stellare e della distribuzione della polvere interstellare.
- MIPSGAL: survey che ha mappato il piano galattico a lunghezze d'onda maggiori, rivelando la presenza di strutture a grande scala e di oggetti molto freddi.
- SAGE (Surveying the Agents of a Galaxy's Evolution): survey che si è concentrata sulle Nubi di Magellano, due galassie satelliti della Via Lattea, fornendo informazioni sulla formazione stellare e sull'evoluzione delle galassie nane.
- Cataloghi di sorgenti puntiformi: Spitzer ha prodotto numerosi cataloghi di sorgenti puntiformi, identificando milioni di stelle, galassie e altri oggetti celesti.
I dati di Spitzer indicano posizioni, magnitudini, colori infrarossi (rapporti tra magnitudini in diverse bande, finalizzati a determinare la natura fisica della sorgente) e classificazioni e hanno consentito di ottenere fondamentali informazioni relativamente a formazione stellare, struttura della Via Lattea, galassie distanti e nuovi oggetti celesti.
Il WISE All-Sky Catalog (dal 2009 a oggi) è un vero e proprio tesoro di informazioni astronomiche, contenente milioni di oggetti celesti rilevati nelle quattro bande infrarosse in cui il telescopio operava: 3.4, 4.6, 12 e 22 micrometri, lunghezze che permettono di penetrare le nubi di polvere e gas che oscurano la vista nei raggi visibili, rivelando oggetti celesti nascosti e fornendo una visione più completa dell'universo. Il catalogo contiene, di nuovo, posizioni precise, magnitudini per frequenza e colori infrarossi, giungendo a classificazioni decisamente precise degli oggetti in elencati. Si tratta di un catalogo che ha rivoluzionato molti campi dell'astronomia grazie a completezza, precisione e profondità, scoprendo nuovi oggetti come nane brune, ULIRGs, NEA, studiando la formazione stellare, mappando la Via Lattea, scoprendo corpi minori del Sistema Solare. I dati di WISE sono liberamente accessibili online, consentendo agli astronomi di tutto il mondo di esplorare e analizzare questo prezioso patrimonio di informazioni.
Dal 2009 al 2013, grazie ai dati di Herschel, ha preso vita il catalogo noto come Herschel Data Archive, contenente dati di imaging e spettroscopia nel lontano infrarosso e nel submillimetrico (70-500 µm). Questo archivio ha consentito studi sulla formazione stellare e galattica, la chimica interstellare e la formazione di sistemi planetari.
- Il catalogo Hi-GAL (Herschel Infrared Galactic Plane Survey), tra i più importanti nati dai dati del satellite, ha mappato il piano galattico con una risoluzione senza precedenti, rivelando la complessa struttura delle nubi molecolari e i processi di formazione stellare.
- SPIRE catalogs: Questi cataloghi contengono informazioni su sorgenti rilevate dagli strumenti SPIRE, che operavano nelle bande submillimetriche. Sono stati utilizzati per studiare la formazione stellare nelle galassie lontane e la distribuzione della polvere cosmica.
- PACS catalogs: Questi cataloghi contengono informazioni sulle sorgenti rilevate dallo strumento PACS, che operava nel lontano infrarosso. Sono stati utilizzati per studiare la chimica interstellare, le proprietà fisiche delle nubi molecolari e la formazione stellare.
- HIFI catalogs: Questi cataloghi contengono spettri ad alta risoluzione ottenuti dallo strumento HIFI, che ha permesso di identificare una vasta gamma di molecole nello spazio interstellare.
Ultimo in termini di timing, il satellite giapponese AKARI, operativo tra il 2006 e il 2011, ha fornito un contributo significativo all'astronomia infrarossa, osservando oggetti celesti freddi e polverosi. AKARI ha effettuato una survey completa del cielo in diverse bande dell'infrarosso, producendo un vasto catalogo di sorgenti celesti. I cataloghi generati da AKARI contengono informazioni dettagliate su milioni di oggetti celesti, tra cui stelle, galassie, e nubi molecolari. Questi cataloghi sono stati fondamentali per studiare la formazione stellare, l'evoluzione delle galassie e la struttura della Via Lattea. AKARI ha coperto una porzione dello spettro infrarosso leggermente diversa rispetto ad altre missioni come IRAS, Spitzer e Herschel, fornendo dati complementari e permettendo di studiare fenomeni astronomici da diverse prospettive. Come limitazioni, la missione AKARI ha avuto una durata relativamente breve, limitando l'estensione temporale delle osservazioni e la possibilità di studiare fenomeni variabili nel tempo e la sua sensibilità era inferiore a quella di missioni successive come Herschel.
Mappe e atlanti
Oltre ai cataloghi di sorgenti, sono state prodotte anche mappe e atlanti infrarossi che mostrano la distribuzione della radiazione infrarossa nel cielo. Tra i più importanti risultati si citano:
- IRAS Sky Survey Atlas (ISSA): Un atlante che mostra la distribuzione della radiazione infrarossa nel cielo basato sui dati di IRAS. Si tratta di una raccolta di immagini dell'intero cielo in infrarosso, una delle prime e più complete mappe del cielo in questa regione dello spettro elettromagnetico, fornendo una visione senza precedenti dell'universo a lunghezze d'onda invisibili all'occhio umano. Le immagini mostrano la distribuzione della radiazione infrarossa emessa da una vasta gamma di oggetti celesti, dalle stelle alle galassie, passando per le nubi molecolari.
- 2MASS All-Sky Extended Source Catalog (XSC): è un catalogo astronomico che contiene informazioni su circa 1,6 milioni di oggetti celesti estesi rilevati dal Two Micron All-Sky Survey (2MASS). A differenza del catalogo principale di 2MASS, che si concentra su sorgenti puntiformi come stelle, il 2MASX è dedicato specificamente a oggetti estesi, come galassie, nebulose e ammassi stellari.
- WISE Atlas Images: rappresentano una delle eredità più visivamente impressionanti della missione WISE. Queste immagini, ottenute combinando migliaia di osservazioni individuali, offrono una vista panoramica e dettagliata del cielo nell'infrarosso medio, rappresentando una sorta di "atlante celeste" nell'infrarosso. Sono composte da mosaici di immagini, create combinando le osservazioni effettuate dal telescopio spaziale WISE nelle quattro bande infrarosse principali: 3.4, 4.6, 12 e 22 micrometri. Ogni banda cattura una diversa porzione dello spettro infrarosso, rivelando caratteristiche diverse degli oggetti celesti.
Come specificato dai link presenti nel testo, la maggior parte di questi cataloghi e mappe sono accessibili online attraverso archivi dati astronomici come Il NASA/IPAC Infrared Science Archive (IRSA) oppure ESASky. Questi archivi offrono strumenti di ricerca e visualizzazione che permettono agli astronomi di accedere e analizzare i dati infrarossi.
È importante notare che questa non è una lista esaustiva, ma include i cataloghi e le mappe più importanti e utilizzati nella ricerca astronomica. L'astronomia infrarossa continua a evolversi con nuove missioni e survey, che porteranno alla creazione di nuovi cataloghi e mappe sempre più dettagliati e completi.
Il futuro dell'astronomia a infrarosso
Lo stato dell'arte della ricerca a infrarosso e le prospettive future di sviluppo
l futuro dell'astronomia a infrarosso si prospetta particolarmente entusiasmante, grazie a una serie di missioni e tecnologie in fase di sviluppo che promettono di espandere enormemente la nostra comprensione dell'universo. Con l'avanzamento delle capacità tecnologiche, sia di costruzione meccanica che di elaborazione dati,i telescopi e gli strumenti infrarossi diventano sempre più sofisticati, permettendo di osservare oggetti lontani, deboli e freddi che prima erano invisibili. Ecco alcuni degli obiettivi più importanti e dei progetti emergenti in questo campo.
Telescopi come il James Webb Space Telescope - già in uso ma utilissimo per tanti anni ancora - ci permetteranno di osservare con dettagli sempre maggiori le prime galassie formatesi nell'universo, di studiare più in profondità gli esopianeti e di comprendere ancora meglio i processi fisici che governano la formazione dei sistemi planetari. Uno degli obiettivi principali di JWST è osservare la formazione delle prime stelle e galassie nell’universo primordiale, cercando di rispondere a domande chiave sulla cosmologia e sull’evoluzione galattica. JWST avrà anche un ruolo fondamentale nella ricerca di esopianeti e nella caratterizzazione delle loro atmosfere, con la possibilità di scoprire tracce di vita in mondi lontani. Il futuro dell'astronomia a infrarosso include anche l'esplorazione degli oggetti più deboli e lontani, come i pianeti erranti e gli oggetti transnettuniani, che sono freddi e scarsamente luminosi. I telescopi del futuro, come il JWST, ma anche i progetti più ambiziosi come il LIRT, saranno in grado di sondare l'universo a distanze estreme e ottenere dettagli sui primi stadi di formazione del nostro sistema solare e delle sue componenti più remote.
L'infrarosso sta anche diventando sempre più centrale nella ricerca di segnali di vita extraterrestre, in particolare nel contesto del SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence). I telescopi a infrarosso sono in grado di rilevare segni di tecnosignature attraverso l'analisi delle emissioni di radiazione infrarossa provenienti da tecnologie avanzate, come ad esempio megastrutture (tipo sfere di Dyson) o inquinamento atmosferico su pianeti lontani. Gli astronomi sono sempre più interessati a osservare la radiazione infrarossa emessa dai potenziali ambienti abitabili su esopianeti, nella speranza di scoprire segni indiretti di vita.
L'avvento di nuove tecnologie e algoritmi di elaborazione sempre più efficienti e veloci, nonché l'investimento sempre maggiore nella ricerca spaziale, stanno aprendo nuove frontiere nell'osservazione dell'universo nell'infrarosso. Tra i progetti più interessanti per il futuro si può fare riferimento a:
- SPHEREx: La missione SPHEREx (Spectro-Photometer for the History of the Universe, Epoch of Reionization, and Ices Explorer) è progettata per creare una mappa tridimensionale dell'universo vicino, studiando la formazione delle galassie e la distribuzione della materia oscura.
- Nancy Grace Roman Space Telescope: Questo telescopio, inizialmente chiamato WFIRST, è previsto in lancio nei prossimi anni e sarà dotato di un ampio campo visivo e di strumenti per l'osservazione nell'infrarosso vicino. Con una sensibilità a lunghezze d'onda dell’infrarosso vicino e medio, Roman si concentrerà su ambiti come la materia oscura e l’energia oscura, studiando le distorsioni gravitazionali che ci permetteranno di capire meglio l’espansione accelerata dell’universo. Inoltre, Roman sarà in grado di esaminare con grande precisione le atmosfere degli esopianeti, cercando segnali di vita attraverso l'analisi delle loro atmosfere.
- The Large Infrared Telescope (LIRT): il Large Infrared Telescope è uno dei progetti in fase di progettazione che mira a diventare uno degli strumenti più potenti per le osservazioni nell'infrarosso. Con il suo specchio gigante (oltre 20 metri di diametro), LIRT dovrebbe essere in grado di studiare la formazione stellare e l’evoluzione delle galassie, rivelando dettagli su oggetti freddi come pianeti erranti, nubi molecolari e oggetti lontani nel cosmo. Una delle sue caratteristiche principali sarà la capacità di indagare su oggetti lontani e poco luminosi, permettendo di esplorare l’universo con una risoluzione mai vista prima.
- Observatory of the Future (OF): L'Observatory of the Future è un concetto ambizioso che mira a costruire un nuovo telescopio infrarosso che potrà operare sia nello spazio che nell'atmosfera terrestre. Se realizzato, l'OF sarà in grado di esplorare l'intero spettro infrarosso, dalla luce infrarossa più lunga fino alle lunghezze d’onda più corte. L'obiettivo principale sarà quello di studiare in dettaglio il ciclo di vita delle stelle, le nubi molecolari e i buchi neri supermassicci. Un altro campo di indagine sarà il monitoraggio delle polveri cosmiche e l’esplorazione delle nubi di gas e polvere che avvolgono la formazione di nuove stelle e pianeti.
- Telescopi terrestri di nuova generazione: Non solo nello spazio, ma anche sulla Terra stiamo assistendo allo sviluppo di telescopi avanzati per osservazioni a infrarosso. Il European Extremely Large Telescope (ELT), attualmente in costruzione in Cile, sarà dotato di uno specchio primario da 39 metri di diametro e avrà capacità di osservazione nell’infrarosso vicino e medio. Con una sensibilità senza precedenti, l’ELT permetterà di studiare in dettaglio gli esopianeti e la loro atmosfera, nonché di esplorare la formazione e l’evoluzione delle galassie più distanti. Grazie a strumenti come MICADO e HIRES, l'ELT potrà effettuare spettroscopia avanzata per ottenere informazioni sulle condizioni fisiche di oggetti estremamente deboli e lontani.
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