Radioastronomia: osservare l'universo a onde radio
L’universo a bassa frequenza: scoperte e fenomeni osservati con le onde radio
Una introduzione
L'importanza delle onde radio nell'astronomia: scoprire l'universo attraverso lunghezze d'onda maggiori
Nel precedente articolo abbiamo esplorato lo spettro elettromagnetico, che si rivela essere uno degli strumenti principali per comprendere l'universo. Ogni tipo di radiazione emessa dagli oggetti celesti, dalle onde radio ai raggi gamma, ci fornisce informazioni preziose su ciò che accade nel cosmo, rivelando dettagli altrimenti invisibili agli occhi umani.
In questo articolo, il nostro focus si sposterà sulle onde radio, la parte più lunga dello spettro elettromagnetico in termini di onda. Nonostante non siano visibili a occhio nudo, le onde radio hanno un ruolo fondamentale nell'astronomia, permettendo agli scienziati di sondare l'universo in modo unico e rivelare fenomeni che sfuggirebbero ad altre lunghezze d'onda.
Studiare le onde radio in astronomia è cruciale per vari motivi:
- Comprensione della formazione stellare e galattica: le onde radio ci aiutano a esaminare aree dense di polveri cosmiche, dove le stelle e le galassie si formano, ma che sono opache alle altre forme di radiazione.
- Fenomeni estremi come buchi neri e supernovae: le onde radio sono in grado di penetrare anche attraverso i gas densi e le polveri, rivelando fenomeni energetici intensi come i buchi neri supermassicci al centro delle galassie e le esplosioni di supernova.
- Studi sui jet relativistici: molte galassie attive emettono getti di particelle ad alta velocità, visibili soprattutto nelle onde radio, che rivelano la presenza di fenomeni cosmici misteriosi e lontani
- Fenomeni nuovi e transienti, come i Fast Radio Bursts (FRB).
Le onde radio, dunque, non solo arricchiscono la nostra comprensione della struttura e della dinamica del cosmo, ma ci offrono anche un “punto di vista” alternativo per indagare l'universo.
Cosa sono e cosa studiano le onde radio
Le onde radio: definizione, proprietà e il loro ruolo nell'astronomia
Le onde radio sono una forma di radiazione elettromagnetica, proprio come la luce visibile, ma con lunghezze d'onda molto maggiori e quindi con minore energia trasportata. Queste onde fanno parte di un ampio spettro di radiazioni che coprono diverse lunghezze d'onda, da quelle più corte delle microonde, fino a quelle più lunghe delle onde radio, creando spesso confusione tra millimetrico, submillimetrico e microonde.
Le onde radio, in particolare, si trovano nella parte inferiore dello spettro elettromagnetico e sono caratterizzate da lunghezze d'onda che vanno dai millimetri ai chilometri, corrispondenti a frequenze che vanno da circa 3 kHz a 300 GHz.
Il range tipico delle onde radio varia ampiamente, e può comprendere diverse categorie, come le onde a bassa frequenza, le onde ultralunghe, e quelle ad alta frequenza. Ogni categoria ha applicazioni specifiche, che spaziano dalla comunicazione radio alla radioastronomia.
La tabella sottostante riepiloga le principali categorie di onde radio, con le relative frequenze e lunghezze d'onda.
Tipo di onda radio | Frequenza | Lunghezza d'onda |
---|---|---|
Onde lunghe (VLF) | 3 kHz - 30 kHz | 10 km - 100 km |
Onde molto lunghe (LF) | 30 kHz - 300 kHz | 1 km - 10 km |
Onde medie (MF) | 300 kHz - 3 MHz | 100 m - 1 km |
Onde corte (HF) | 3 MHz - 30 MHz | 10 m - 100 m |
Onde ultracorte (VHF) | 30 MHz - 300 MHz | 1 m - 10 m |
Onde ultra alte (UHF) | 300 MHz - 3 GHz | 10 cm - 1 m |
Onde super alte (SHF) | 3 GHz - 30 GHz | 1 cm - 10 cm |
Onde estremamente alte (EHF) | 30 GHz - 300 GHz | 1 mm - 10 mm |
Visibilità e assorbimento atmosferico
Un aspetto importante delle onde radio è la loro capacità di attraversare diversi tipi di polveri e gas che, invece, bloccano altre forme di radiazione, come la luce visibile e i raggi X. Questa caratteristica le rende particolarmente utili in astronomia, perché consentono agli scienziati di osservare regioni dense di polvere cosmica che potrebbero nascondere fenomeni celesti rilevanti. In altre parole, le onde radio possono "vedere" attraverso le barriere che impediscono ad altre radiazioni di raggiungere la Terra.
Per le onde radio, l'assorbimento da parte dell'atmosfera terrestre varia con la lunghezza d'onda:
- Onde lunghe (bassa frequenza, < 3 MHz): fortemente influenzate dalla ionosfera, che può riflettere le onde e deviarle, rendendo difficile la loro propagazione diretta nello spazio. Tuttavia, queste onde possono rimbalzare tra la superficie terrestre e la ionosfera, permettendo comunicazioni a lunga distanza.
- Banda delle microonde (alta frequenza, > 1 GHz): qui l'assorbimento atmosferico aumenta significativamente, in particolare per l'interazione con il vapore acqueo (H₂O) e l'ossigeno molecolare (O₂). Queste molecole assorbono fortemente a frequenze specifiche, creando "finestre atmosferiche" dove la trasparenza è maggiore, intervallate da regioni di forte assorbimento.
In particolare,
- Ossigeno molecolare (O₂): contribuisce all'assorbimento nelle bande millimetriche (50–70 GHz) e submillimetriche. Questo rende l'osservazione diretta di queste bande difficile da terra e richiede telescopi in alta quota o nello spazio.
- Vapore acqueo (H₂O): assorbe fortemente nelle bande di 22 GHz, 183 GHz e oltre. La quantità di vapore acqueo varia con le condizioni meteorologiche e l'altitudine, influenzando notevolmente l'efficienza delle osservazioni radioastronomiche.
- Ozono (O₃): ha un assorbimento più specifico e contribuisce alle bande più alte del dominio submillimetrico.
- Particelle solide e liquide (nebbia, pioggia, polveri): possono causare dispersione e attenuazione delle onde, in particolare nelle bande superiori (microonde e millimetriche).
Nonostante questi fenomeni, ci sono "finestre radio" a lunghezze d'onda di grande interesse per gli astronomi:
- Tra 1 cm e 1 m: questa gamma è particolarmente trasparente, rendendola ideale per osservare pulsar, emissioni di idrogeno neutro (a 21 cm) e molte altre sorgenti.
- Onde più corte (> 10 GHz): necessitano di osservatori situati in ambienti secchi e in alta quota, come il deserto di Atacama o le Hawaii, dove il vapore acqueo atmosferico è minimo.
Per bande fortemente assorbite, come quelle intorno a 60 GHz o quelle submillimetriche, si utilizzano telescopi spaziali, come il telescopio RadioAstron, per evitare completamente l'assorbimento atmosferico.
I campi di applicazione
I campi di studio della radioastronomia sono veramente tanti e diversificati e non esiste una divisione netta e precisa che associ a un determinato range di frequenze un determinato oggetto di studio poiché molti fenomeni emettono in un ampio spettro. E' tuttavia possibile fornire alcune aree di studio principali associate a determinati intervalli di frequenze, tenendo sempre bene a mente che i confini tra queste categorie sono spesso sfumati e sovrapposti.
Basse frequenze (VLF, LF, MF, HF): da pochi KHz a circa 30 MHz
Tra i campi di studio resi possibili da questo tipo di segnale si annotano :
- le emissioni radio planetarie, come le interazioni tra vento stellare e campi magnetici planetari
- le emissioni radio solari (eruzioni, brillamenti, altro)
- le interferenze ionosferiche
- i segnali artificiali (trasmissioni radio, radar e attività dipendenti dall'uomo)
Si tratta di un range di frequenze che risente fortemente delle emissioni radio di origine terrestre.
Medie Frequenze (VHF, UHF): da circa 30 MHz a 3 GHz
I fenomeni studiati a medie frequenze riguardano:
- l'idrongeno neutro (HI), la riga a 21 centimetri (1420 MHz) necessaria a mappare la distribuzione dell'idrogeno neutro nelle galassie per studiarne dinamiche e rotazioni
- le radiosorgenti galattiche come i resti di supernova e le regioni HII
- le radiosorgenti extragalattiche come AGN, radiogalassie e quasar.
Alte Frequenze (SHF, EHF): da circa 3 GHz a 300 GHz
I fenomeni studiati in questo caso riguardano
- la radiazione del fondo cosmico, residuo del Big Bang
- le emissioni molecolari per lo studio del mezzo interstellare
- le emissioni termiche di polveri per lo studio della polvere interstellare
- i masers astronomici, emissioni intense da parte di alcune molecole in determinate condizioni fisiche.
Si tratta di un campo di ricerca che ottiene risultati migliori in assenza di disturbo radio, quindi dallo spazio.
Frequenze Millimetriche e Submillimetriche (oltre 300 GHz)
I fenomeni studiati riguardano
- la formazione stellare
- la formazione planetaria
- le galassie ad alto redshift
- le polveri fredde.
La nascita della radioastronomia
Dalla scoperta di Jansky alla grande evoluzione del dopoguerra
Karl Jansky e la nascita della radioastronomia
L'astronomia radio nacque quasi per caso grazie al lavoro di Karl Guthe Jansky (22 ottobre 1905 - 14 febbraio 1950). Ingegnere presso i Bell Telephone Laboratories, Jansky fu incaricato negli anni '30 del secolo scorso di studiare le interferenze che disturbavano le comunicazioni transatlantiche via onde corte. Nel 1932, utilizzando un'antenna rotante progettata per captare onde radio a una lunghezza d'onda di 14,6 metri (frequenza di 20,5 MHz), Jansky rilevò un segnale periodico proveniente dal cielo.
Jansky scoprì che il segnale si ripeteva con un ciclo di circa 23 ore e 56 minuti, corrispondente al giorno siderale. Questo indicava che l'origine era extraterrestre e precisamente (a dire il vero, all'epoca, poco precisamente) proveniente dal centro della Via Lattea, nella direzione della costellazione del Sagittario. Questa scoperta, pubblicata nel 1933, segnò l'inizio dell'astronomia radio: l'articolo è stato consegnato alla storia con il titolo "Electrical Disturbances Apparently of Extraterrestrial Origin", pubblicato a ottobre 1933 nei Proceedings of the Institute of Radio Engineers.
Se ne riporta l'abstract:
Il primo radiotelescopio: Grote Reber
Il successivo passo cruciale fu compiuto da Grote Reber (22 dicembre 1911 - 20 dicembre 2002), un ingegnere radio dilettante e appassionato di astronomia. Tra il 1937 e il 1939, basandosi sull'articolo di Jansky, Reber costruì nel cortile di casa sua a Wheaton, Illinois, il primo radiotelescopio parabolico del mondo, con un diametro di 9 metri e un rivestimento interno formato da pannelli di lamiera zincata su struttura in legno. L'articolo iniziale di Jansky non attirò molto l'attenzione sulla radioastronomia e proprio per questo Reber non trovò neanche i finanziamenti per la costruzione, dovendo così procedere a proprie spese. Questo strumento gli permise di mappare il cielo radio alle frequenze di 160, 910 e 480 MHz e di confermare l'esistenza delle emissioni scoperte da Jansky.
Tra il 1938 e il 1943, Reber pubblicò le prime mappe dettagliate del cielo radio, identificando regioni di forte emissione nella nostra galassia, come la regione del Cigno e del Cassiopeia. Reber dimostrò così che le onde radio potevano rivelare strutture e fenomeni invisibili nei telescopi ottici. Tra i risultati, nel 1944 ci fu la prima radio mappa del cielo. Il primo lavoro fu pubblicato invece già nel 1040, dal titolo "Cosmic Static", del quale si riporta l'abstract:
La prima mappa radio della Via Lattea. Crediti Grote Reber
Nel 1942, durante la guerra, furono scoperte le radioemissioni provenienti dal Sole, un fenomeno che fornì importanti informazioni sulla fisica solare e sui fenomeni di attività solare.
Il dopoguerra e la prima interferometria
Come sempre, è il reparto militare a fare da traino all'innovazione tecnologica. La Seconda Guerra Mondiale portò effettivamente a un'accelerazione senza precedenti nello sviluppo delle tecnologie radar e delle comunicazioni radio. Molti scienziati e ingegneri, formatisi in questi campi durante il conflitto, si trovarono a disposizione nuove competenze e strumentazioni che potevano essere applicate all'astronomia. Dal settore militare alla ricerca scientifica il passo è stato davvero breve.
Lo sviluppo di ricevitori radio più sensibili e a banda larga permise, ad esempio, di rilevare segnali radio sempre più deboli provenienti dallo spazio mentre antenne paraboliche di dimensioni sempre maggiori consentirono di raccogliere una maggiore quantità di onde radio e di ottenere una maggiore risoluzione angolare. Nascono grandi osservatori come il Westerbork Synthesis Radio Telescope nei Paesi Bassi, un array di radiotelescopi che ha contribuito a importanti studi sulla struttura delle galassie e sull'evoluzione cosmica.
Il Westerbork Synthesis Radio Telescope nei Paesi Bassi. Crediti NRAO
Giganteschi passi avanti sono dovuti all'interferometria, una tecnica che combina i segnali provenienti da più radiotelescopi distanti tra loro, consentendo di ottenere una risoluzione angolare equivalente a quella di un radiotelescopio di dimensioni pari alla distanza tra i telescopi. I primi esperimenti in tal senso si devono a diversi pionieri (ad esempio Joseph Lade Pawsey a Clifton, vicino Sidney), ma il contributo più significativo e sistematico fu dato da Martin Ryle e il suo gruppo all'Università di Cambridge a partire dalla fine degli anni '40 e soprattutto negli anni '50 e '60. Per questo lavoro, Ryle e Antony Hewish (che scoprì le pulsar con un radiotelescopio costruito dal gruppo di Ryle) ricevettero il Premio Nobel per la Fisica nel 1974. Tramite "tecniche di sintesi d'apertura" il team di Ryle riuscì a far collaborare più di due antenne consentendo la "sintetizzazione" di una antenna di dimensioni molto maggiori, a partire dai progetti One-Mile Telescope e Ryle Telescope a Cambridge, la cui strumentazione venne inserita nel nuovissimo (1957) Mullard Radio Astronomy Observatory.
Mullard Radio Astronomy Observatory. Crediti University of Cambridge
La tecnica interferometrica non nasceva dal nulla visto che era già stata utilizzata nell'ottica fin dal XIX secolo, ma l'applicazione alle onde radio e lo sviluppo di tecniche di elaborazione del segnale adatte a questo scopo rappresentarono un'innovazione epocale.
Questa tecnica, nota come sintesi d'apertura, permette di raggiungere risoluzioni angolari equivalenti a quelle di un telescopio con un diametro pari alla massima distanza tra i telescopi utilizzati. Un telescopio con un grande diametro del suo specchio o della sua antenna raccoglie più luce o onde radio e quindi fornisce una maggiore risoluzione, permettendo di distinguere dettagli più fini. Costruire un telescopio enorme è però molto costoso e complesso. La sintesi d'apertura aggira questo problema utilizzando una serie di telescopi più piccoli disposti in un certo schema (array o rete). Invece di avere un unico grande telescopio, si utilizzano diversi telescopi più piccoli che osservano simultaneamente la stessa sorgente celeste. I segnali raccolti da ciascun telescopio vengono poi combinati e processati per simulare l'immagine che si otterrebbe con un telescopio di dimensioni pari alla massima distanza tra i telescopi dell'array (la "baseline").
VLBI è l'acronimo di Very Long Baseline Interferometry ed è una tecnica di radioastronomia che permette di ottenere immagini ad altissima risoluzione di sorgenti radio celesti, come quasar, nuclei galattici attivi e maser. In presenza di un gran numero di telescopi dislocati a distanze anche enormi, invece di collegarli fisicamente con cavi, come avviene nell'interferometria tradizionale, nel VLBI i segnali radio provenienti dalla stessa sorgente celeste vengono registrati indipendentemente in ogni telescopio, insieme a un preciso riferimento temporale fornito da orologi atomici (maser). Successivamente, le registrazioni vengono inviate a un centro di correlazione, dove vengono elaborate per calcolare le differenze di tempo di arrivo del segnale ai diversi telescopi. Queste differenze, chiamate "ritardi di gruppo", permettono di ricostruire l'interferenza tra i segnali e di ottenere informazioni sulla struttura angolare della sorgente radio. I passaggi chiave sono, quindi: osservazione simultanea della stessa sorgente radio, registrazione indipendente dei dati con un preciso riferimento temporale fornito da un orologio atomico, correlazione dei dati in un centro di correlazione e ricostruzione dell'immagine.
In pratica, il VLBI è un tipo di tecnica di sintesi d'apertura ma ci sono alcune differenze sostanziali, date dal fatto che consente di sfruttare strumenti dislocati in ogni zona del mondo o dello spazio e che attualmente vale solo per le onde radio. I dati vengono registrati indipendentemente in ogni telescopio ma referenziati da una datazione estremamente precisa.
1. Equazione dell'Interferenza per Due Onde
Quando due onde coerenti con la stessa lunghezza d'onda si sovrappongono, l'intensità risultante dell'onda può essere descritta da:
\( I = I_1 + I_2 + 2\sqrt{I_1 I_2} \cos(\Delta \phi) \)
Dove:
- \( I \): intensità risultante
- \( I_1 \), \( I_2 \): intensità delle due onde
- \( \Delta \phi = \phi_2 - \phi_1 \): differenza di fase tra le due onde
L'interferenza è costruttiva (\( I \) massima) quando \( \Delta \phi = 0, 2\pi, 4\pi, \dots \) ed è distruttiva (\( I \) minima) quando \( \Delta \phi = \pi, 3\pi, 5\pi, \dots \).
2. Differenza di Cammino Ottico
La differenza di fase \( \Delta \phi \) è correlata alla differenza di cammino ottico \( \Delta L \) come segue:
\( \Delta \phi = \frac{2\pi}{\lambda} \Delta L \)
Dove:
- \( \lambda \): lunghezza d'onda della radiazione
La differenza di cammino ottico \( \Delta L \) dipende dalla geometria del sistema, in particolare dalle posizioni relative delle sorgenti e dei rilevatori.
3. Funzione di Correlazione
Nell'interferometria astronomica, la funzione di correlazione combina i segnali provenienti da più telescopi:
\( \Gamma(\tau) = \int_{-\infty}^{\infty} E_1(t) E_2(t + \tau) \, dt \)
Dove:
- \( E_1(t) \), \( E_2(t) \): segnali registrati dai telescopi
- \( \tau \): ritardo temporale introdotto dalla differenza di cammino ottico
La correlazione massima si verifica quando \( \tau \) compensa \( \Delta L/c \), dove \( c \) è la velocità della luce.
4. Risoluzione Angolare nell'Interferometria
La risoluzione angolare di un interferometro è data da:
\( \theta = \frac{\lambda}{B} \)
Dove:
- \( \theta \): risoluzione angolare (in radianti)
- \( \lambda \): lunghezza d'onda della radiazione osservata
- \( B \): distanza massima (baseline) tra i telescopi nell'array
Una baseline \( B \) più grande consente una maggiore risoluzione angolare.
5. Trasformata di Fourier e Ricostruzione dell'Immagine
L'immagine ottenuta con un array interferometrico si basa sulla trasformata di Fourier dei dati raccolti. La distribuzione spaziale dell'intensità della sorgente \( I(x, y) \) è correlata alla visibilità \( V(u, v) \) misurata dall'interferometro tramite:
\( V(u, v) = \int \int I(x, y) e^{-2\pi i (ux + vy)} dx \, dy \)
Dove:
- \( (u, v) \): coordinate spaziali nel piano di Fourier, correlate alla baseline tra i telescopi
- \( (x, y) \): coordinate angolari nel cielo
La trasformata inversa dei dati di visibilità ricostruisce l'immagine dell'oggetto celeste.
Strumenti e principali scoperte a onde radio
Una cronologia delle strumentazioni e delle scoperte che hanno fatto la storia della radioastronomia
Negli anni '50, la radioastronomia si affermò come un campo scientifico indipendente e nel tempo vide un miglioramento tecnologico degli strumenti nonché il proliferare di cataloghi di sorgenti radio, come conseguenza di un numero di oggetti (e di una varietà) in notevole crescita.
Nel 1951 fu scoperta la riga spettrale dell'idrogeno neutro a 21 cm di lunghezza d'onda, una scoperta che permise di mappare la distribuzione dell'idrogeno nella Via Lattea e in altre galassie, fornendo preziose informazioni sulla loro struttura e dinamica. I risultati maggiori sono provenuti anche dalle emissioni radio della Nebulosa del Granchio nel Toro: le emissioni sono state scoperte già nel 1948 ma è nel 1953 che questa sorgente venne compresa come emissione di radiazione di sincrotrone, generata da elettroni relativistici che spiraleggiano intorno a campi magnetici. Si tratta di una scoperta fondamentale per lo studio della Fisica estrema dei resti di supernova (emissione radio nel riquadro in basso a sinistra dell'immagine composita di M1 - crediti HST/NASA/ESA).
Una data importante per l'organizzazione e la razionalizzazione della radioastronomia è rappresentata dal 17 novembre 1956 , giorno in cui viene fondato il National Radio Astronomy Observatory (NRAO) allo scopo di costruire, gestire e mettere a disposizione dei ricercatori radiotelescopi e infrastrutture correlate, fornendo al tempo stesso supporto tecnico e scientifico, offrendo accesso ai dati e ai software di analisi degli stessi e, non ultimo, provvedendo alla divulgazione della materia. Al NRAO si devono strutture come il Green Bank Telescope (GBT), il Very Large Array (VLA), il Very Long Baseline Array (VLBA) e l'Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), che vedremo a breve.
Nel 1957 entra in funzione il radiotelescopio di Jedrell Bank nel Regno Unito, capeggiato da Sir Bernard Lovell (1913 - 2012): il suo riflettore da 76 metri divenne all'epoca il più grande radiotelescopio orientabile del mondo, in grado per la prima volta di effettuare anche un monitoraggio dei satelliti.
Tra nuove organizzazioni, nuovi strumenti e nuovi algoritmi di analisi, i risultati non tardarono e ne beneficiarono fortemente gli anni Sessanta. Tra questi risultati si possono ricordare la scoperta dei quasar da parte di Maarten Schmidt nel 1963, delle pulsar da parte di Jocelyn Bell Burnell e del supervisore Antony Hewish (che valse il premio Nobel nel 1974 soltanto a Hewish) e della radiazione cosmica di fondo da parte di Arno Penzias e Robert Wilson nel 1965. Gli anni Sessanta vedono anche la costruzione di nuovi osservatori, come l'Hartebeesthoek Radio Astronomy Observatory in Sudafrica nel 1961 (originariamente destinato al tracciamento satellitare ma poi utilissimo per la radioastronomia), il Nancay Radio Telescope in Francia, nel 1965, un array specializzato in pulsar e idrogeno neutro e soprattutto l'Osservatorio di Arecibo a Porto Rico.
Arecibo Observatory nel perdiodo di funzionamento. Crediti Arecibo Observatory
Arecibo ha ospitato dal 1963 al 2000 una parabola di 305 metri che, per decenni, è stato uno dei più grandi e produttivi strumenti per l'astronomia radio. Posto a 16 chilometri circa da Porto Rico, è stato costruito durante la Guerra Fredda con scopi scientifici ma anche strategici visto che era progettato anche per migliorare le comunicazioni militari e rilevare missili intercontinentali. La parabola era posta all'interno di una depressione naturale del terreno carsico, composta da 38778 pannelli in alluminio perforato sostenuti da cavi di acciaio. 150 metri sopra la parabola era presente una piattaforma di 900 tonnellate, sorretta da tre torri di cemento armato e destinata a ospitare i ricevitori e la cabina di comando dei pannelli, in modo da poterli muovere verso diverse sorgenti senza dover muovere la parabola intera. Tra le sue caratteristiche vi era anche quella di poter essere utilizzato da radar planetario, inviando segnali radio verso oggetti del Sistema Solare misurandone il segnale di ritorno al fine, ad esempio, di caratterizzare la forma degli asteroidi. Un segnale venne mandato anche verso l'ammasso globulare M13, nell'ambito della ricerca di civiltà sviluppate al di fuori del Sistema Solare. A distanza di cinque anni dall'inaugurazione, e quindi nel 1968, l'osservatorio di Arecibo consentì la scoperta della prima pulsar binaria da parte di Russell Hulse e Joseph Taylor, una scoperta che consentì di confermare una volta di più la Relatività Generale di Einstein e di assegnare il Nobel per la Fisica nel 1993. L'iconicità di questo telescopio è stata aumentata anche dalle "partecipazioni" in film come GoldenEye, nel ciclo di James Bond, e Contact.
Dopo decenni di duro lavoro in un clima tropicale, il 2020 ha visto due cavi spezzarsi provocando danni irreparabili alla parabola e proprio per questo la National Science Foundation decise di non procedere alle riparazioni. Il collasso definitivo della piattaforma ci fu il 1 dicembre 2020 e distrusse totalmente il telescopio. Il danno, che ha colpito direttamente anche il governo di Porto Rico vista la fama dello strumento, ha fatto sì che oggi sia accessibile per scopi educativi e scientifici soltanto la costruzione circostante all'osservatorio.
Gli anni Settanta-Novanta portano a strumenti sempre più potenti, come il Very Large Array (VLA), costruito a partire dal 1973 ma inaugurato nel 1980 con costo complessivo finale di 78 milioni di dollari, e il Very Long Baseline Array (VLBA), ma non solo.
The Dish, il Parkes Observatory. Crediti Parkes Observatory
Il 1971 vede infatti la nascita del famosissimo Parkes Observatory in Australia, un radiotelescopio da 64 metri noto come "The Dish" e situato nel Nuovo Galles del Sud, in Australia, frutto della collaborazione internazionale tra Australia, USA e fondazione Carnegie. La parabola è totalmente orientabile e le innovazioni inserite nel progetto, figlie della brillante mente di Barnes Wallis, ha consentito allo strumento di ricevere aggiornamenti e di rimanere sempre competitivo nonostante l'aumento della "concorrenza". Ha fornito contributi straordinari in tema di pulsar e materia stellare (scoperta della prima pulsar al millisecondo), in tema di idrogeno neutro e di Fast Radio Bursts (FRBs). Il momento più iconico vissuto dal Parkes è forse legato alla missione Apollo 11, visto che ricezione e trasmissione di dati e immagini dello sbarco vennero affidati proprio alla parabola australiana, così come evidenziato dal film "The Dish" del 2000. Oltre a collaborare con programmi internazionali di tipo VLBI, Parkes ha assunto un ruolo di spicco anche nel progetto SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence). Ancora oggi, Parkes continua a essere un pilastro dell'astronomia australiana e globale contribuendo alla ricerca scientifica ma anche a educazione e divulgazione, attirando migliaia di visitatori ogni anno.
Il 1971 vede l'inaugurazione dell'Effelsberg 100-m Radio Telescope in Germania, all'epoca il più grande radiotelescopio completamente orientabile e ancora oggi uno dei maggiori. Posto nei pressi del villaggio di Bad Münstereifel, prese il posto del radiotelescopio da 25 metri di Stockert. La parabola principale pesa ben 3200 tonnellate e poggia, all'interno di una depressione naturale, su un sistema totalmente orientabile. Come tutte le grandi parabole, anche questa si compone di migliaia di pannelli singolarmente orientabili. Il telescopio opera da 300 MHz a 96 GHz e si adatta rapidamente a vari tipi di configurazione. Ha fornito risultati essenziali per pulsar, idrogeno neutro e campi magnetici galattici e proprio la duttilità unita al potere risolutivo lo rende parte del progetto SKA.
Panoramica del Very Large Array. Crediti NRAO
Il VLA si trova a Sant Augustin nel New Mexico (USA) ed è gestito dal NRAO. Si compone di 27 antenne ciascuna di 25 metri (rese famose anche dal film Contacts con Jody Foster), disposte lungo tre bracci a formare una "Y" con lunghezza totale in grado di variare da pochi metri a 36 chilometri, in base alla configurazione scelta. i segnali delle antenne vengono raccolti a simulare un singolo telescopio di dimensione pari alla massima separazione tra le parabole. Spazia dalle osservazioni a 1 GHz a quelle a 50 GHz (da pochi centimetri a decine di millimetri in termini di lunghezza d'onda), prestandosi quindi a diversi fenomeni astrofisici, dalla formazione stellare agli AGN, dalla Via Lattea ai dischi protoplanetari fino ai campi magnetici galattici. Tra il 2001 e il 2011 il VLA è stato sottoposto a un upgrade di rilievo (Expanded Very Large Array - EVLA), con sensibilità migliorata di dieci volte, con maggiore copertura di frequenze e con sistemi di elaborazione più avanzati.
Il 1982 entra in opera l'Australia Telescope Compact Array (ATCA), un array di sei antenne a Narrabri in grado di operare da 1.1 GHz a 105 GHz, utilizzato soprattutto per galassie e stelle, mentre il 1988 è la volta di IRAM 30m Telescope in Spagna, specializzato in osservazioni millimetriche e posto sul Pico Veleta, operante da 80 GHz a 950 GHz. IRAM fa parte di una coppia di radiotelescopi gestiti da IRAM (Institut de Radioastronomie Millimetrique) unitamente a NOEMA (Northern Extended Millimeter Array) posto in Francia e operante da 70 GHz e 950 GHz,
Il rilascio sicuramente più importante dei primi anni Novanta riguarda un colosso dell'interferometria. Il VLBA è una rete di dieci radiotelescopi identici, ad alta risoluzione, gestito dal NRAO. I lavori sono iniziati nel 1986, con il supporto finanziario della National Science Foundation (NSF), e sono stati completati nel 1993, con successivi aggiornamenti e upgrade. Ciascun radiotelescopio ha una antenna da 25 metri di diametro e la dislocazione abbraccia tutti gli USA estendendosi anche a Puerto Rico e alle Hawaii, per una separazione totale di 8611 chilometri. Proprio questo fattore consente di raggiungere una risoluzione angolare elevatissima (fino a 10 microarcosecondi, pari a una moneta da un euro osservata sulla Luna). La tecnica utilizzata per lavorare come unico strumento è l'interferometria a lunga base (VLBI): i segnali raccolti da ciascun telescopio vengono registrati con precisione temporale estrema tramite orologi atomici e poi combinati da un elaboratore centrale per ricreare una immagine equivalente a quella di un telescopio di dimensioni pari alla massima distanza tra le antenne. Le frequenze di operatività sono comprese tra 300 MHz e 96 GHz, consentendo di ottenere informazioni sulle distanze cosmiche, sui getti relativistici, sulla rotazione della Via Lattea, su pulsar, gravità e astrometria di precisione. Il VLBA ha contribuito alla ripresa della prima immagine diretta dell'orizzonte degli eventi di un buco nero da parte della collaborazione Event Horizon Telescope (EHT).
Sempre negli anni Novanta vedono la luce il Green Bank Telescope (USA), ricostruito dopo il crollo del precedente telescopio, e il Sardinia Radio Telescope (Italia), specializzato nelle riprese a banda larga. Il SRT è tra i più avanzati al mondo, posto a Prany Sanguni e gestito dall'Istituto Nazionale di AstroFisica (INAF). Inaugurato nel 2013, ha una parabola di 64 metri di diametro e opera dai 300 MHz ai 115 GHz, adattandosi a svariate tipologie di osservazione. La superficie attiva si compone di 1008 pannelli regolabili e consente di ottenere ottimi risultati per pulsar, idrogeno neutro, FRB, scienze planetarie (può funzionare da radar come faceva Arecibo), quasar e AGN. Fa parte di collaborazioni come European VLBI Network (EVN) e collabora nel progetto SKA (Square Kilometer Array).
Il 2006 vede l'avvento di LOFAR (LOw Frequency ARray) nei Paesi Bassi, un array a bassa frequenza (da circa 10 a 240 MHz) destinato allo studio dell'universo primordiale e di fenomeni transienti. Gestito dal Netherlands Institute for Radio Astronomy (ASTRON), consiste in un network di migliaia di antenne distribuite principalmente nei Paesi Bassi, con stazioni aggiuntive in altri paesi europei. Può simulare una parabola gigantesca con un diametro pari alla distanza tra le stazioni più lontane (fino a migliaia di chilometri), offrendo un'eccezionale risoluzione angolare. È particolarmente utile per studiare fenomeni come lampi radio veloci (FRB), campi magnetici cosmici, emissioni di idrogeno neutro nell'universo primordiale e il Sole a bassa frequenza.
Array di telescopi MeerKAT. Crediti MeerKAT Telescope
Il 2018 vede l'inaugurazione di MeerKAT in Sudafrica, un radio array estremamente sensibile parte del progetto SKA. Situato nel Karoo, una regione semi-arida del Sudafrica, si compone di 64 antenne paraboliche di 13,5 metri di diametro ciascuna e opera in un ampio intervallo di frequenze (da 580 MHz a 14 GHz) offrendo una sensibilità e una risoluzione eccezionali, grazie alla tecnica di interferometria che combina i segnali di tutte le sue antenne. E' stato progettato come precursore del futuro SKA ma fin da subito ha prodotto risultati scientifici di enorme rilevanza, come la scoperta di filamenti magnetici nel centro della Via Lattea e l'osservazione dettagliata di ammassi di galassie.
Nei tempi più recenti, l'avvento di ALMA è stato epocale. Preceduto da APEX (Atacama Pathfinder Experiment) in Cile nel 2002, l'Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) è stato inaugurato nel 2013 nel deserto di Atacama a cinquemila metri di altezza sul livello del mare. Si tratta di un progetto internazionale tra Europa (ESO, European Southwern Observatory), Nord America (NRAO), Asia orientale (NAOJ, National Astronomical Observatory of Japan) e Repubblica del Cile. Si compone di 66 antenne radio di alta precisione: 54 sono da 12 metri di diametro mentre 12 sono da 7 metri. Tutte le antenne possono essere orientate e spostate in diverse configurazioni, variando la distanza da 150 metri a 16 chilometri, il che consente l'ottenimento di differenti risoluzioni angolari. I segnali di ciascuna antenna vengono processati per ottenere una immagine ad alta risoluzione. Le lunghezze d'onda osservate sono tra 0.32 e 3.6 millimetri, una regione posta tra infrarosso e onde radio ottima per studiare la formazione stellare e planetaria, le molecole del mezzo interstellare e le galassie distanti, per accrescere le notizie sull'universo primordiale.
Il radiotelescopio FAST. Photo: Xinhua
In seguito, il radiotelescopio FAST (Fine-hundred-meter Aperture Spherical Telescope) è stato completato in Cina nel 2016 ed è il più grande radiotelescopio a parabola singola del mondo. Il suo nome cinese, Tianyan, si traduce "occhio del cielo". Si trova nella provincia di Guizhou, nel Sud-Ovest della Cina ed è posto all'interno di una depressione naturale, un bacino carsico chiamato Dawodang, per consentire alla parabola un alloggio in grado di minimizzare gli stress meccanici. Nonostante i 500 metri di diametro, solitamente durante le osservazioni l'apertura utile è di 300 metri e la superficie attiva si compone di 4450 pannelli metallici regolabili singolarmente, il che consente la focalizzazione del segnale proveniente da varie regioni di cielo senza dover muovere l'intera struttura. Opera tra 70 MHz e 3GHz, il che consente di utilizzare il radiotelescopio per diversi scenari come lo studio delle pulsar, delle emissioni a 21 centimetri, dell'universo profondo e per ricerche di tipo SETI (Search of Extraterrestrial Intelligence). Sebbene progettato dalla Cina, FAST è aperto alla comunità scientifica internazionale favorendo collaborazioni globali.
Attualmente la concentrazione totale verte sulla costruzione di una rete globale in grado di collegare migliaia di antenne in Australia e Sudafrica, divenendo il radiotelescopio più sensibile mai costruito. La rete si chiama Square Kilometer Array (SKA) ed è stata preceduta nel 2003 dallo Square Kilometer Array Pathfinder (ASKAP) in Australia.
I principali cataloghi di radiosorgenti
Esistono svariati cataloghi di radioastronomia, differenti per epoca ma anche e soprattutto per range di energie osservate
Così come siamo soliti maneggiare i cataloghi di oggetti astronomici nel visibile, così anche la radioastronomia può contare su numerosi cataloghi di radiosorgenti e anche questi cataloghi hanno seguito nel tempo l'evoluzione delle strumentazioni e delle tecniche di analisi dei segnali.
Oltre all'evoluzione tecnologica, i cataloghi a onde radio si differenziano anche, e forse soprattutto, per il range di energia delle survey utilizzate per generarli.
Nel 1950 nasce il Cambridge Catalog of Radio Sources, poi ampliato tra il 1959 e il 1962 con il 3C Catalog, comprendendo quasar e radiogalassie fino ad arrivare a 471 sorgenti radio, e poi tra il 1965 e il 1967 con il 4C (Fourth Cambridge Catalog), contenente circa 4800 oggetti. A cavallo tra gli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta prende vita il Mills, Slee and Hill Catalogue (MSH Catalogue), il quale mostra i dati principali ottenuti a 85.5 MHz (una frequenza inferiore a quella utilizzata a Cambridge) e riveste particolare interesse soprattutto per le sorgenti dell'emisfero australe.
Il catalogo B2 (Second Bologna Catalogue) è stato compilato a Bologna presso l'Istituto di RadioAstronomia (IRA) del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e spicca per completezza e copertura del cielo boreale, tra declinazione +24° e +41°. Fu compilato negli anni Sessanta, con pubblicazione tra il 1965 e il 1969, con osservazioni condotte presso la Stazione Radioastronomica di Medicina effettuate a 408 MHz, un valore relativamente basso che consente le emissioni radio non termiche legate, spesso, ad accelerazioni di particelle relativistiche in galassie radio e resti di supernova. Gli oggetti censiti sono circa diecimila, ottenuti tramite interferometria.
A cavallo tra gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta (con aggiornamenti fino ai Novanta) vengono rilasciati i Green Bank Catalogues (GB), una serie di cataloghi a onde radio derivanti dalle osservazioni del Green Bank Observatory in West Virginia, USA. Le prime versioni vanno dagli anni Sessanta agli anni Ottanta e sono basati sul 300-foot Telescope, uno strumento di 91 metri di diametro a bassa frequenza. A metà degli anni Novanta è stata la volta del Green Bank 6-cm Survey (GB-6), una survey condotta a 6 centimetri di lunghezza d'onda (5 GHz) con il GBT e in grado di unire 288 cataloghi minori, ciascuno proveniente da una singola immagine 15x15 gradi ottenuta dal GBT. A fine anni Novanta, inizio Duemila, il GBT è stato utilizzato per survey più ampie, come il RASS/Green Bank Catalog (RASSGB), combinando dati radio del Green Bank con i dati X della ROSAT-All-Sky Survey.
Sempre tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta, ma in aggiornamento costante ancora oggi, viene elaborato il Parkes Radio Source Catalogues: anche qui si tratta di una serie di cataloghi derivanti dalle osservazioni del radiotelescopio Parkes nel Nuovo Galles del Sud, in Australia, consistente in una antenna parabolica da 64 metri e un monumento per il cielo australe. Questi cataloghi presentano oggetti osservati a diverse frequenze, tra le quali 408 MHz, 1410 MHz e 2700 MHz, fornendo una delle prime e più complete mappe radio del cielo australe.
Negli anni Novanta, fino a inizio Duemila, i cataloghi si sono arricchiti di ulteriori pubblicazioni, come FIRST (Faint Images of the Radio Sky at Twenty-cm), una survey del cielo boreale a 1.4 GHz ottenuta con il VLA, e la SUMSS (Sydney University Molonglo Sky Survey), una survey del cielo australe a 843 MHz.
Negli ultimi decenni, la radioastronomia ha continuato a progredire, grazie a strumenti innovativi e, forse soprattutto, a collaborazioni globali. Tra queste ultime, la tecnica VLBI è stata utilizzata per dare vita a una rete globale di telescopi (compresi gli strumenti radio) chiamata Event Horizon Telescope: una collaborazione in grado di ottenere la prima immagine diretta dell'orizzonte degli eventi di un buco nero supermassiccio, quello della galassia M87.
Per i cataloghi moderni, possiamo distinguere in base alle frequenze.
- A basse frequenze (sotto i 300 MHz), uno dei riferimenti attuali è il TGSS (TIFR GMRT Sky Survey): una survey del cielo boreale a 150 MHz realizzata tramite il Giant Metrewave Radio Telescope (GMRT) in India, vicino a Pune. Si tratta di un array di radiotelescopi composto da 30 antenne particolarmente adatte alle basse frequenze, intorno ai 150 MHz. La zona osservata è davvero ampia, spaziando tra 90° e -53°. Molto adatto allo studio di sorgenti extragalattiche come quasar e radiogalassie, dell'emissione galattica diffusa, degli ammassi galattici. La versione più recente del catalogo è la Alternative Data Release (ADR), i cui dati sono pubblici e accessibili. Altro catalogo è il LoTSS (LOFAR Two-metre Sky Survey) realizzata tramite il LOw Frequency ARray (LOFAR). LOFAR è un radiotelescopio europeo di nuova generazione che opera a basse frequenze (da circa 10 MHz a 240 MHz). Si tratta di un interferometro, il che consente di ottenere una risoluzione angolare molto elevata, paragonabile a quella di un radiotelescopio con un'antenna virtuale di centinaia di chilometri di diametro. Il LoTSS è uno dei principali progetti scientifici di LOFAR, con l'obiettivo di mappare una vasta porzione del cielo settentrionale a basse frequenze, con una sensibilità e una risoluzione senza precedenti. Le osservazioni avvengono tra 120 e 150 MHz, ideale per lo studio di AGN, di popolazioni e formazione stellare, di resti di supernova e di ammassi galattici. L'ultima data release, la DR2, è disponibile come dato pubblico anche on line. Ancora a bassa frequenza GLEAM (GaLactic and Extragalactic All-sky MWA survey) è realizzato con il Murchison Widefield Array (MWA) in Australia, opera a frequenze molto basse (72-231 MHz) e copre l'intero cielo australe. È utile per studiare la ionosfera, le emissioni galattiche e le radiosorgenti extragalattiche.
- A frequenze intermedie (tra 1 e 5 GHz) troviamo oggi i cataloghi NVSS e FIRST, già visti.
- Ad alte frequenze, quindi ad alta frequenza, troviamo il VLASS (VLA Sky Survey), che coprirà l'80% del cielo tra 2 e 4 GHz offrendo immagini molto sensibili del cielo radio, e il catalogo ATLAS (Australia Telescope Large Area Survey) basato sui dati dell'Australia Telescope Compact Array (ATCA), operante tra 1.4 e 5 GHz e utilizzato per la formazione stellare, le AGN e gli ammassi di galassie.
Gli osservatori spaziali a onde radio
Nonostante la possibilità di osservazioni dal suolo terrestre, esistono anche importanti missioni in grado di osservare le onde radio dallo spazio
La Terra, con la sua atmosfera densa e la crescente interferenza radio generata dalle attività umane, pone dei limiti significativi all'osservazione radio. L'atmosfera terrestre assorbe gran parte delle onde radio a basse frequenze, impedendoci di studiare importanti fenomeni come le emissioni radio planetarie a bassa frequenza, le esplosioni solari e le interazioni tra il vento solare e i campi magnetici planetari ma anche i fenomeni transienti come i Fast Radio Bursts. Inoltre, le trasmissioni radio, i radar e altre tecnologie umane creano un "rumore" di fondo che rende difficile la ricezione di segnali deboli provenienti dallo spazio profondo. La radioastronomia spaziale apre quindi una finestra nuova sull'universo, permettendoci di captare frequenze che la nostra atmosfera blocca e di ottenere una visione più nitida di alcuni fenomeni celesti. Il tutto senza dimenticare è possibile mettere i dati raccolti dallo spazio a fattor comune con quelli presi dai telescopi terrestri per la tecnica VLBI, raggiungendo risoluzioni senza precedenti.
Cronistoria delle missioni a onde radio
La storia della radioastronomia spaziale è costellata di missioni pionieristiche che hanno contribuito in modo significativo alla nostra comprensione dell'universo. Per fare alcuni esempi, a titolo non esaustivo, gli anni Sessanta e Settanta hanno visto i satelliti Radio Astronomy Explorer (RAE-1 e RAE-2) lanciati dalla NASA e in grado di studiare per la prima volta le emissioni radio a bassa frequenza provenienti da sorgenti spaziali. In particolare, RAE-2 operò in orbita lunare sfruttando la Luna stessa per bloccare le radiointerferenze di origine terrestre.
Anche l'Unione Sovietica partecipò allo studio a onde radio con R-1, il primo radiotelescopio spaziale lanciato a bordo del satellite Proton 1, e poi con R-2, lanciato nel 1973 a bordo di Proton 3, con una capacità risolutiva senz'altro migliorata.
Il 1798 vede il lancio di ISEE-3/ICE da parte degli USA: si trattava di un satellite della serie International Sun-Earth Explorer, nato per studiare il vento solare e la magnetosfera terrestre e riposizionato in seguito per l'osservazione radio della cometa Giacobini-Zinner in passaggio nel 1985.
Gli anni Ottanta si sono avvalsi del secondo lavoro di IRAS (Infrared Astronomical Satellite), un satellite operante principalmente nello spettro infrarosso ma dotato di rilevatori anche nella banda radio millimetrica.
Il 1994 ha visto il lancio di Wind, satellite NASA che osserva il vento solare e le emissioni radio a bassa frequenza, mentre nel 1997 è stata la volta di HALCA (HALCA/Astro-G, Giappone), il primo vero radiotelescopio spaziale dedicato all'interferometria, parte del progetto VSOP (VLBI Space Observatory Programme) e in grado di utilizzare una antenna da otto metri per l'osservazione di radiosorgenti ad alta risoluzione, in collaborazione con i radiotelescopi terrestri.
Nel 2009 il lancio del satellite Planck di ESA ha contribuito all'osservazione in banda radio millimetrica e submillimetrica sebbene lo scopo principale fosse l'osservazione a microonde per il fondo cosmico, mentre nel 2011 il satellite russo RadioAstron, di gestione Roscosmos, ha rappresentato uno dei più ambizioni progetti di radioastronomia spaziale come parte della missione Spektr-R: era dotato di una antenna di dieci metri in gradi di collaborare con telescopi terrestri formando un interferometro virtuale con base di milioni di chilometri e consentendo di conseguenza l'ottenimento di immagini ad altissima risoluzione di quasar, AGN e altre radiosorgenti.
Successive missioni hanno fornito un contributo all'osservazione radio sebbene nate per altri scopi: nel 2013 Gaia di ESA ha utilizzato tecniche di radioastrometria per la determinazione precisa delle posizioni stellari mentre nel 2022 il James Webb Space Telescope, di NASA e ESA, ha effettuato alcune osservazioni nel vicino microonde, sebbene operante principalmente nello spettro infrarosso.
Prospettive future
Il futuro della radioastronomia spaziale si prospetta ricco di nuove missioni e scoperte. Si stanno progettando nuovi radiotelescopi spaziali con antenne più grandi e sensibili, capaci di captare segnali ancora più deboli e di esplorare l'universo primordiale. L'interferometria spaziale, che combina le osservazioni di più radiotelescopi spaziali, promette di raggiungere risoluzioni angolari senza precedenti, aprendo nuove finestre sull'universo.
Esistono in particolare idee per due progetti.
Il primo è LuSEE-Night, della NASA, ed è un radiotelescopio lunare progettato per lo studio del cosmo primordiale in bande a bassa frequenza, in grado di minimizzare le interferenze radio terrestri.
Il secondo è OASIS (Orbiting Astronomical Satellite for Interstellar Studies), un progetto allo stato di proposta per osservazioni del profondo cielo in banda radio.
Il futuro della radioastronomia tra sviluppi e problemi
In un futuro fatto di tecnologia e collaborazioni internazionali, si affaccia il fantasma del rumore radio
La radioastronomia sta vivendo un periodo di grande fermento, con sviluppi tecnologici e scientifici che promettono di rivoluzionare la nostra comprensione dell’universo. L'evoluzione riguarda il tentativo di ampliare la gamma di frequenze osservabili e di migliorare la capacità di distinguere segnali deboli da sorgenti lontane. Una grande spinta viene anche, ovviamente, da nuove tecniche di elaborazione dei dati, supportate sicuramente da algoritmi di intelligenza artificiale e da supercomputer sempre più veloci. Tutto questo continuerà sicuramente a migliorare l'integrazione di più telescopi su scala globale (VLBI), migliorando la risoluzione spaziale delle osservazioni e consentendo di osservare dettagli finora invisibili in galassie distanti, buchi neri e regioni di formazione stellare.
Le nuove tecnologie, come la robotica e di nuovo l'intelligenza artificiale, consentiranno di gestire postazioni situate in luoghi difficilmente consentiti agli umani, come l'Antartide e altre zone nelle quali l'interferenza radio è minima o inesistente.
La radioastronomia si sta trasformando sempre più in uno sforzo collaborativo internazionale, coinvolgendo decine di paesi, integrando risorse e competenze globali. L’accesso aperto ai dati e le collaborazioni interdisciplinari stanno accelerando i progressi scientifici.
Tutto questo consentirà alla radioastronomia di esplorare sempre meglio la Dark Age dell'universo, ad esempio, studiando sempre più in dettaglio l'idrogeno neutro a 21 centimetri, oppure rilevando onde gravitazionali a partire dai timing arrays di pulsar e, ancora, migliorando le informazioni ottenute dai sistemi planetari in termini di abitabilità.
L'aspetto più interessante è ovviamente legato alla preparazione di una nuova generazione di radiotelescopi e di array, tra i quali spiccano il Next Generation Very Large Array (ngVLA) e lo Square Kilometre Array (SKA), oltre ai nuovi obiettivi assegnati alla collaborazione Event Horizon Telescope (EHT).
Next Generation Very Large Array (ngVLA)
Il next generation Very Large Array (ngVLA) è un progetto ambizioso per la costruzione di un nuovo radiotelescopio, che si propone di rivoluzionare l'osservazione a onde radio. Si tratta di un'iniziativa internazionale che ha come obiettivo la realizzazione di un array interferometrico di nuova generazione, in grado di operare con una risoluzione angolare e una sensibilità enormemente superiori rispetto agli attuali telescopi radio, come il VLA del quale è una evoluzione. Sarà costituito da un array di 250 antenne distribuite su una vasta area, che si estende su circa 10.000 chilometri in Nord America, con il centro situato in New Mexico (stesso luogo del VLA). Il design prevede una combinazione di antenne più grandi e piccole, posizionate su diverse distanze, permettendo al sistema di coprire un ampio spettro di frequenze e di ottenere una risoluzione angolare eccezionale. Le antenne più grandi (18 metri di diametro) e quelle più piccole (6 metri) lavoreranno insieme, combinando i dati raccolti per ottenere immagini radio di altissima qualità.
Il ngVLA opererà in un ampio intervallo di frequenze, che va da circa 1,2 GHz a 116 GHz, il che renderà possibile studi di dettaglio di gas molecolari, polveri cosmiche e processi fisici ad alta energia così come emissioni da pulsar, quasar e formazione stellare. La risoluzione angolare supererà quindi quella di qualsiasi altro telescopio radio esistente, di un fattore dieci.
Il progetto ngVLA è ancora nelle fasi di pianificazione, con la fase di progettazione dettagliata in corso. La costruzione del telescopio è prevista per la fine degli anni 2020 e l'inizio degli anni 2030, con il telescopio che entrerà in piena operatività nei decenni successivi.
Square Kilometer Array (SKA)
Una delle iniziative più ambiziose nella storia della radioastronomia è il progetto Square Kilometer Array, una collaborazione internazionale che coinvolge paesi quali Australia, Sud Africa, Regno Unito, Paesi Bassi, Italia, Cina e molti altri, il quale prevede due siti principali:
- SKA-Low (Australia): operante a basse frequenze (50-350 MHz), è posto in una remota regione dell'Australia occidentale, dove le interferenze vengono minimizzate. Migliaia di antenne in una rete ad alta intensità e in configurazione radiale su centinaia di chilometri, al fine di garantire una risoluzione angolare mai vista prima. Il focus principale sarà su fluttuazioni del fondo cosmico a microonde, mezzo intergalattico e radiazione primordiale.
- SKA-Mid (Sudafrica): per frequenze medio-alte (350 MHz-15 GHz), una rete di antenne a banda larga disposte a spirale su migliaia di chilometri. Il focus principale sarà su pulsar, quasar, FRB e materia oscura.
Una volta completato, avrà un’area di raccolta equivalente a un chilometro quadrato, rendendolo il radiotelescopio più sensibile al mondo. Gli obiettivi scientifici comprendono lo studio dell’epoca della reionizzazione e la formazione delle prime stelle e galassie, l'osservazione delle onde gravitazionali attraverso il monitoraggio di pulsar millisecondi e la ricerca di segnali artificiali che possano indicare forme di vita extraterrestre (SETI).
L'architettura è altamente modulare e flessibile, il che consntirà di aggiornare e ampliare il telescopio nel tempo.
La prima fase di costruzione, che riguarda principalmente la parte SKA-Low in Australia, è prevista per il 2027. Una volta completato, SKA sarà uno strumento fondamentale per le scoperte scientifiche, che rivoluzioneranno il nostro modo di vedere l'universo e potrebbero portare a scoperte di grande importanza, dalle origini dell'universo alla comprensione della materia oscura e dell'energia oscura.
Event Horizon Telescope (EHT)
L'Event Horizon Telescope (EHT) è una collaborazione internazionale che ha dato vita a un progetto straordinario, con obiettivo principale l'osservazione di buchi neri supermassicci e dei fenomeni estremi che li circondano.
Si tratta di una rete globale di radiotelescopi che lavorano insieme utilizzando la tecnica dell'interferometria a base larga (VLBI) per creare un "telescopio" virtuale dalle dimensioni astronomiche. Questa rete di telescopi è distribuita su una scala globale e include osservatori come (lista non esaustiva):
- South Pole Telescope (Antartide)
- ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, Cile)
- James Clerk Maxwell Telescope (Hawaii)
- Submillimeter Array (Hawaii)
- Sma (Submillimeter Array) in Asia
Questa rete di antenne raccolte in un singolo sistema è in grado di produrre immagini con una risoluzione angolare equivalente a quella di un telescopio con un diametro pari a diametro terrestre, rendendo possibile osservare il buco nero e la sua ombra.
Il primo grande successo dell'EHT è stato nel 2019, quando ha prodotto la prima immagine diretta di un buco nero supermassiccio al centro della galassia M87. A questa immagine è seguita poi quella del buco nero della Via Lattea. Il progetto EHT ha avuto un impatto enorme non solo nella radioastronomia, ma anche nella fisica teorica, nella cosmologia e nelle tecnologie di osservazione. Si tratta comunque di un progetto ancora in evoluzione: i ricercatori stanno lavorando per migliorare la qualità delle immagini, espandere la rete di telescopi, e ottenere osservazioni ancora più dettagliate di altri buchi neri. Un obiettivo futuro importante è quello di ottenere immagini dinamiche, che mostrano l'evoluzione temporale dei buchi neri e dei loro accrescimenti, migliorando ulteriormente la comprensione della loro fisica.
Il problema delle interferenze radio
L'inquinamento radio RFI è la presenza indesiderata di segnali elettromagnetici nella banda delle radiofrequenze, segnali che interferiscono con la ricezione di dati utili. Relativamente alla radioastronomia, si riferisce a qualsiasi segnale radio di origine umana che ostacola l'osservazione di segnali radio deboli provenienti da sorgenti celesti.
Una immagine astronomica rovinata dal passaggio di decine di Starlink. mage credit: Victoria Girgis/Lowell Observatory
Le fonti di inquinamento sono numerose e, purtroppo, in costante aumento, a causa della crescente dipendenza dalla tecnologia wireless. Una lista non esaustiva di queste fonti può essere la seguente:
- Comunicazioni radio e TV: Trasmettitori radio e televisivi, sia terrestri che satellitari.
- Telecomunicazioni mobili: Reti cellulari (2G, 3G, 4G, 5G), telefoni cellulari, Wi-Fi.
- Radar: Sistemi radar militari, civili (es. controllo del traffico aereo), meteorologici.
- Satelliti artificiali: Satelliti per telecomunicazioni, osservazione terrestre, navigazione (es. GPS, Galileo, Starlink).
- Apparecchiature elettroniche: Computer, forni a microonde, dispositivi Bluetooth, motori elettrici, linee elettriche.
Si tratta, come evidente, di oggetti e fenomeni che ci accompagnano tutto il giorno nella quotidianità e in misura sempre maggiore, ma tutto questo può compromettere seriamente le osservazioni radioastronomiche in diversi modi.
I segnali RFI, ad esempio, sono spesso molto più intensi dei deboli segnali cosmici e possono quindi letteralmente "coprire" le emissioni che gli astronomi cercano di rilevare. Oltre che mascherare i segnali cosmici, il rumore può generare artefatti nei dati, che possono essere erroneamente interpretati come segnali astronomici reali. L'inquinamento radio aumenta anche il "rumore di fondo" delle osservazioni, rendendo più difficile la rilevazione di sorgenti deboli. Infine, alcune bande di frequenza, particolarmente quelle utilizzate per le comunicazioni mobili o i radar, sono diventate praticamente inutilizzabili per la radioastronomia.
Correlazione tra segnale e rumore
Il segnale totale \( S_{\text{tot}}(t) \) ricevuto da un radiotelescopio è la somma del segnale astronomico e del segnale interferente proveniente dai satelliti:
\( S_{\text{tot}}(t) = S_{\text{astro}}(t) + S_{\text{sat}}(t) \)
Dove:
- \( S_{\text{astro}}(t) \): segnale emesso dalla sorgente celeste
- \( S_{\text{sat}}(t) \): segnale interferente generato dai satelliti
Il segnale interferente del satellite può essere descritto come un'onda sinusoidale modulata in ampiezza:
\( S_{\text{sat}}(t) = A_{\text{sat}} \cos(2\pi f_{\text{sat}} t + \phi_{\text{sat}}) \)
Dove:
- \( A_{\text{sat}} \): ampiezza del segnale del satellite
- \( f_{\text{sat}} \): frequenza del segnale del satellite
- \( \phi_{\text{sat}} \): fase iniziale del segnale del satellite
L'interferenza tra il segnale astronomico e quello del satellite introduce una modulazione nella potenza totale registrata:
\( P_{\text{tot}} = S_{\text{tot}}(t)^2 = S_{\text{astro}}(t) + S_{\text{sat}}(t)^2 \)
Espandendo il quadrato:
\( P_{\text{tot}} = P_{\text{astro}} + P_{\text{sat}} + 2\sqrt{P_{\text{astro}} P_{\text{sat}}} \cos(\Delta \phi(t)) \)
Dove:
- \( P_{\text{astro}} = S_{\text{astro}}(t)^2 \): potenza del segnale astronomico
- \( P_{\text{sat}} = S_{\text{sat}}(t)^2 \): potenza del segnale del satellite
- \( \Delta \phi(t) = \phi_{\text{sat}}(t) - \phi_{\text{astro}}(t) \): differenza di fase tra i due segnali
L'interferenza è costruttiva (massimo segnale) quando:
\( \Delta \phi(t) = 0, 2\pi, 4\pi, \dots \)
L'interferenza è distruttiva (minimo segnale) quando:
\( \Delta \phi(t) = \pi, 3\pi, 5\pi, \dots \)
Questo comportamento introduce oscillazioni caratteristiche nella potenza misurata.
Lo spettro totale osservato viene distorto dall'interferenza, poiché le frequenze dei satelliti si sovrappongono parzialmente alle frequenze astronomiche:
\( S_{\text{tot}}(f) = S_{\text{astro}}(f) + S_{\text{sat}}(f) \)
Questo può portare a perdite di informazione o mascheramento dei segnali deboli.
Grafico di interferenza satellitare sui segnali cosmici
Il grafico mostra, in modalità semplificata, come i segnali radio provenienti da sorgenti celesti e i segnali artificiali generati dai satelliti possano interferire tra loro.
Il segnale astronomico è evidenziato dalla linea tratteggiata in blu e rappresenta l'emissione radio proveniente da una sorgente celeste, come una pulsar o una galassia. Il segnale è caratterizzato da una banda relativamente stretta e una forma regolare, il che permette agli astronomi di studiare con precisione le proprietà della sorgente.
Il segnale interferente è evidenziato in arancione ed evidenzia il segnale radio emesso da un satellite generico. Spesso, i satelliti trasmettono su frequenze simili o adiacenti a quelle utilizzate per l'osservazione astronomica. Il segnale interferente è tipicamente più intenso e presenta una banda più ampia, coprendo anche le frequenze dedicate alla radioastronomia.
Il totale del segnale captato è evidenziato in verde e mostra il risultato della sovrapposizione dei due segnali precedenti. Questo è il segnale effettivamente rilevato dai radiotelescopi. Si possono osservare oscillazioni caratteristiche dell'interferenza tra i due segnali, che complicano l'analisi dei dati astronomici.
In rosso c'è la frequenza di disturbo, cioè la frequenza centrale del segnale del satellite. Questa frequenza spesso si sovrappone almeno in parte alla banda osservata dagli astronomi, contaminando i dati raccolti.
Sembra una deriva incontrovertibile, data la velocità con la quale tutte queste tecnologie si evolvono nel tempo e nello spazio, ma nonostante la crescente sfida, la radioastronomia continua a prosperare grazie a diverse strategie di mitigazione:
La prima scelta riguarda i siti nei quali costruire radiotelescopi: come visto, vengono scelte aree geografiche isolate, lontane da centri abitati e sorgenti di interferenza. Alcune aree sono designate come "radio-quiet zones" (zone radio-silenti) con normative specifiche per limitare le emissioni radio. Esempi famosi sono il National Radio Quiet Zone negli Stati Uniti e il deserto di Atacama in Cile.
Altre possibilità è quella di dotare i radiotelescopi di sistemi di schermatura e filtraggio, oppure/oltre che migliorare le tecniche avanzate di elaborazione del segnale, identificando e rimuovendo parte dell'RFI dai dati osservativi.
Una mano enorme potrebbe venire da collaborazioni internazionali e regolamentazioni adatte: organizzazioni internazionali come l'Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU) lavorano per coordinare l'uso dello spettro radio e proteggere le frequenze dedicate alla radioastronomia.
Oltre a tutto questo, c'è il sempre ricorrente aiuto che proviene dalle tecnologie innovative.
In particolare, la degenerazione recente del problema RFI è stata causata dall'aumento delle costellazioni di satelliti per telecomunicazioni, come Starlink di SpaceX. Questi satelliti, pur operando su frequenze assegnate, possono generare emissioni spurie che interferiscono con le osservazioni radioastronomiche, specialmente nelle bande a bassa frequenza. La comunità astronomica sta lavorando con le aziende coinvolte per trovare soluzioni tecniche e operative che mitighino questo impatto.
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