Perché si vedono le aurore da zone come l'Italia?
La seconda parte del 2024, e si presume anche la prima metà del 2025, regala fenomeni aurorali a latitudini insolite, comprese quelle italiane. Come mai?
Le aurore polari visibili a basse latitudini
La fine dell'anno 2024 è caratterizzata da diverse osservazioni di aurore polari laddove non si è abituati a certi spettacoli
Quella tra il 10 e l'11 maggio 2024 è una notte che in pochi dimenticheranno poiché gli occhi di molte persone hanno potuto osservare un fenomeno veramente raro.
Nessun viaggio in Islanda: l'aurora boreale era proprio lì, sopra i tetti delle proprie case degli Stati Uniti o della penisola dello Yucatàn in Messico, delle Bahamas, della Giamaica. Anche delle Hawaii. Per non parlare di Portogallo, Spagna e Italia fino ai cieli dell'Algeria e delle Isole Canarie.
In Asia non sono stati esclusi i giapponesi e gli abitanti dell'India settentrionale, né quelli della Corea del Sud e della Cina settentrionale, compresa Pechino.
Nell'emisfero australe (qui l'aurora estesa era quella australe, ovviamente), lo spettacolo è stato osservato in Australia fino al Queensland, in Nuova Zelanda, in Cile, Argentina, Sud Africa, Uruguay, Brasile meridionale e Namibia.
Il fenomeno aurorale ripreso dalla Liguria, in Italia. Crediti Elisa Cavalli
Più o meno bene, ovviamente: non pensiamo a colorate luci danzanti su tutto il globo poiché nelle zone più distanti dai poli, molto spesso, il fenomeno si è presentato desaturato, statico e appena percepibile, però c'era e tanto è bastato soprattutto perché dall'ultima manifestazione di questo tipo, datata 2003, gli strumenti di ripresa - anche dei "semplici" cellulari, sono talmente migliorati da lasciare ricordi indelebili in maniera molto favorevole.
Questo ha generato una vera e propria tempesta di immagini sulle piattaforme social.
Impatti negativi
Non c'è stato solo spettacolo, ovviamente: qualche problema, questo evento, lo ha portato sulle comunicazioni radio soprattutto in banda HF (3-30 MHz) e meno in bande VHF (30-300 MHz) e UHF (300 MHz - 3GHz). Il motivo di questi disturbi è legato al fenomeno che genera l'aurora, che vedremo a breve. Qui basti dire che questo fenomeno è andato ad aumentare la densità dello strato ionosferico, rendendolo maggiormente in grado di assorbire le onde radio e interferendo così con la loro propagazione.
Dal punto di vista delle compagnie elettriche, invece, i tempi sono cambiati dal lontano 1989 quando un'altra tempesta solare determinò l'interruzione di corrente in Québec per nove ore: oggi gli impianti sono costruiti e gestiti diversamente e non sembrano esser state segnalate interruzioni particolarmente fastidiose. AT&T e NOAA hanno segnalato irregolarità nella rete elettrica e degrado nelle comunicazioni GPS e radio ad alta frequenza, mentre in alcune zone, come la Nuova Zelanda, si è proceduto a una interruzione volontaria precauzionale. All'Università di Victoria è stato invece osservato come l'attività magnetica abbia attivato le bussole negli osservatori sottomarini fino a 2.7 chilometri di profondità.
Rispetto al 1989 e al 2003 la tecnologia è migliorata ma anche cambiata, e così questa volta qualche problema lo hanno sperimentato i droni: perdite di direzione come conseguenza della degradazione del GPS e, in alcuni casi, anche caduta.
Per i satelliti, il GOES-16 (meteorologico geostazionario) ha interrotto il download dei dati per circa due ore mentre gli Starlink hanno subito una degradazione del servizio pur rimanendo operativi. Problemi elettrici li ha affrontati la sonda Gaia di ESA.
Da cosa nasce l'aurora
Un piccolo riassunto dei meccanismi che generano le aurore: dall'attività solare al campo magnetico terrestre
In questi giorni abbiamo familiarizzato molto con i concetti di aurora polare ma abbiamo anche imparato che esiste un altro fenomeno chiamato SAR (Stable Auroral Red arc).
In entrambi i casi siamo di fronte a fenomeni ottici legati all'interazione tra le particelle solari e la magnetosfera terrestre, ma ci sono importanti differenze in termini di causa e di visibilità.
L'aurora polare e la sua origine
L'aurora polare (boreale nell'emisfero nord, australe nell'emisfero sud) ha origine dall'interazione delle particelle cariche provenienti dal vento solare con i gas presenti nello strato alto dell'atmosfera terrestre, chiamato ionosfera. Questi gas sono prevalentemente ossigeno e azoto.
Il meccanismo che innesca le aurore parte quindi dal Sole e termina sulla Terra:
- Emissione di particelle solari: Il Sole emette "vento solare", alimentato dalla fusione nucleare interna alla stella che genera energia e rilascia particelle cariche (protoni, elettroni e nuclei di elio) sotto forma - appunto - di vento solare. Si tratta di particelle che viaggiano molto veloci, spesso oltre i 400 km/h, e che raggiungono la Terra in pochi giorni, in genere due o tre. Oltre al vento solare, il Sole può rilasciare dei flares (eruzioni), rappresentate da improvvise esplosioni di energia in grado di rilasciare grandi quantità di radiazione e particelle energetiche, nonché espulsioni di massa coronale (CME), ossia plasma e campo magnetico espulsi dalla corona solare creando flussi di particelle cariche energetiche.
- Interazione con la magnetosfera: Il vento solare raggiunge la Terra e ne colpisce la magnetosfera. Questa agisce come uno scudo, deviando la maggior parte delle particelle cariche in arrivo ma alcune particelle possono penetrare attraverso due processi chiave:
- Shock magnetico: Quando il vento solare colpisce la magnetosfera, provoca uno "shock" che può comprimere e perturbare il campo magnetico terrestre.
- Riconnessione magnetica: Se il campo magnetico del vento solare ha una direzione opposta al campo magnetico terrestre, può avvenire una "riconnessione magnetica", un processo in cui le linee di campo magnetico del vento solare si fondono con quelle della Terra. Questo apre delle “porte” nella magnetosfera e permette alle particelle cariche di fluire all'interno.
- Inseguimento lungo le linee magnetiche: Le particelle cariche che entrano nella magnetosfera non si dirigono direttamente verso la Terra ma vengono intrappolate nelle fasce di Van Allen, zone ad anello attorno al pianeta all'interno delle quali queste particelle vengono trattenute e accelerate. Queste particelle poi si dirigono verso i poli seguendo le linee del campo magnetico terrestre, che convergono nelle regioni polari. Man mano che si avvicinano ai poli, queste particelle spiraleggiano lungo le linee del campo magnetico e accelerano ulteriormente.
- Collisione con la ionosfera: Quando le particelle ad alta energia (soprattutto gli elettroni) raggiungono l'alta atmosfera terrestre (a circa 100-400 km di altitudine), interagiscono con i gas presenti nella ionosfera, in particolare ossigeno e azoto. Questo è il passaggio cruciale che genera le aurore tramite eccitazione atomica: gli elettroni carichi trasferiscono la loro energia agli atomi e alle molecole di ossigeno e azoto, eccitandoli.
- Emissione luminosa: Quando questi atomi e molecole tornano al loro stato energetico normale, rilasciano l'energia sotto forma di luce. Questo fenomeno di ricombinazione atomica e conseguente emissione luminosa può avvenire a diverse altitudini e proprio questo produce i caratteristici colori delle aurore:
- Verde: È il colore più comune e proviene dall'ossigeno a circa 100-250 km di altitudine.
- Rosso: Proviene dall'ossigeno a quote più alte, sopra i 250 km, dove la densità dell'atmosfera è molto bassa.
- Viola/Blu: Questi colori meno comuni derivano dall'azoto ionizzato e si osservano a quote più basse (sotto i 100 km).
La forma dell'aurora
La tipica forma dell'aurora, vista a livello globale, è un ovale (il cosidetto auroral oval), una fascia che circonda i poli magnetici, spesso sempre confinata ai circoli polari, fino a spingersi a latitudini inferiori in base alla forza del vento solare. Le tempeste geomagnetiche, provocate da espulsioni di massa coronale (CME) o forti raffiche di vento solare, possono amplificare questo processo portando una grande quantità di particelle cariche a colpire la Terra, deformando il campo magnetico e provocando aurore molto più intense e visibili a latitudini più basse del normale.
Esempio di ovale aurorale. Crediti NOAA Space Weather Prediction Center
In senso verticale, invece, le aurore possono assumere diverse forme come archi, bande, tende o spirali e il loro movimento nel cielo appare rapido come conseguenza delle continue e veloci interazioni tra il vento solare e la magnetosfera.
Stable Auroral Red arc (SAR)
Se quanto avete visto nei vostri cieli non combacia con quanto descritto finora perché di colore c'era solo il rosso e tutto questo dinamismo di forme non lo avete captato, allora probabilmente l'effetto visuale che era sopra le vostre teste non era una aurora polare propriamente detta ma un SAR (Stable Auroral Red arc).
Non si tratta solo di terminologia che indica un fenomento meno intenso e più statico (del resto il nome del fenomeno è abbastanza parlante: Arco rosso stabile), ma indica un processo diverso di formazione di questa tipologia di spettacolo celeste. Il SAR, infatti, non è causato dall'impatto diretto delle particelle solari con la ionosfera ma deriva dal riscaldamento energetico più lento che si verifica nella parte superiore della ionosfera, definita plasmasfera. Il riscaldamento, in questo caso, si deve alla dissipazione energetica proveniente dalle tempeste geomagnetiche, in grado di riscaldare gli elettroni a latitudini inferiori rispetto a quelle alle quali insistono le aurore tipiche. I SAR, quindi, sono proprio fenomeni caratteristici delle latitudini più basse (in genere tra 45 e 60° di latitudine) e si mostrano come archi stabili nel cielo, di un colore rosso donato dall'eccitazione dell'ossigeno oltre i 400 chilometri di altezza.
Vista la latitudine tipica dei SAR, compresa tra 45 e 60 gradi, già si può notare come paesi come l'Italia non siano poi così estranei a fenomeni di questo tipo, e il clamore inizia un po' a rientrare nella quasi "normalità" dell'evento. Indietro nel tempo, fenomeni simili si sono infatti presentati nel 2003 e nel 1989. Quel che si è visto a maggio 2024, però, non è stato solo SAR nelle regioni più settentrionali.
I cicli solari
L'attività del Sole può essere prevista, sebbene a grandi linee, in virtù del fatto che segue determinati cicli. Il più impattante sulla Terra è un ciclo di undici anni.
Prevedere l'attività solare è oggetto di nuove branche dell'astrofisica come quella che viene definita Solar Activity Forecast o Space Weather Forecast, alla stregua delle classiche previsioni meteo che siamo soliti seguire in televisione.
A rendere un po' più semplice queste previsioni concorrono i cicli solari, variazioni periodiche nell'attività del Sole, caratterizzate principalmente dalle fluttuazioni nel numero di macchie solari e da cambiamenti nel campo magnetico della nostra stella. La durata media di ciascun ciclo è di circa 11 anni, sebbene variabile. Il ciclo passa da un periodo di minima attività solare, evidenziato da assenza o quasi di macchie solari, a un massimo solare), con molte macchie, e ritorno al un minimo. L'andamento del ciclo influenza numerosi fenomeni solari come le eruzioni solari, le espulsioni di massa coronale (CME) e il vento solare che, come visto, hanno impatti sulla Terra. Da quando queste attività vengono registrate, siamo arrivati oggi al ciclo solare 25.
Le macchie solari sono zone temporanee che si presentano sulla superficie del Sole (definita fotosfera) e che si caratterizzano per un colore più scuro rispetto alle aree circostanti a causa di una temperatura inferiore. Derivano da concentrazioni di campo magnetico che inibiscono parzialmente la risalita di calore dalla parte interna del Sole. Le macchie sono un indicatore del ciclo solare: durante la massima attività sono più numerose e presenti a latitudini solari minori rispetto alla scarsità e alla latitudine più alta dei periodi di minimo. Questo slittamento di latitudine produce il diagramma "latitudine in funzione del tempo" noto come "diagramma a farfalla".
Diagramma a farfalla che mostra la latitudine e la numerosità delle macchie solari in base al tempo. Crediti D.H. Hathaway
Il ciclo solare dipende da una complessità di processi magnetici del Sole legata alla dinamo solare, un meccanismo che trasforma l'energia del movimento fluido all'interno del Sole in campi magnetici. Ha origine principalmente nella zona convettiva e nella regione di transizione tra la zona radiativa e la zona convettiva, dove si verificano grandi gradienti di velocità del fluido solare. Proprio questo moto differenziale è fondamentale per la generazione del campo magnetico. Ci sarà modo di approfondire meglio la struttura del Sole e i movimenti interni.
Cosa ha di speciale il Ciclo 25?
Ok, siamo vicini al massimo solare, ma capita ogni undici anni: perché stavolta si vedono?
Prima di rispondere a questa domanda sarà bene fornire ulteriori informazioni perché dobbiamo prima capire come si calcola l'attività solare.
Ci sono diversi indicatori che possono essere utilizzati e, come vedremo, non ne basta uno per capire se sia possibile osservare una aurora a basse latitudini o meno. Facciamo una breve carrellata:
- Numero di macchie solari: lo abbiamo già visto
- Solar Flares: sono improvvisi rilasci di energia magnetica, con emissioni dai raggi UV ai raggi X, che si accumula nelle macchie solari, originati dalle riconnessioni delle linee del campo magnetico. Vengono classificate in:
- Classe X: maggiore intensità;
- Classe M: media intensità;
- Classe C: bassa intensità.
- Espulsioni di Massa Coronale (CME): espulsioni di nubi di plasma e campi magnetici nello spazio interplanetario;
- Radio Flux: misura la radiazione elettromagnetica a 10.7 cm, quindi nelle onde radio (corrispondente a 2800 MHz). E' uno degli indicatori più diretti e stabili per tracciare l'attività solare a breve termine;
- Indice Kp: misura l'intensità delle tempeste geomagnetiche sulla Terra, quindi solo indirettamente misura l'attività solare. I valori possono essere:
- da 0 a 3: tranquillità geomagnetica;
- da 4 a 5: tempeste minori;
- oltre 6: tempeste forti con possibili interruzioni radio e aurore polari.
- Vento solare, già visto;
- Campo magnetico interplanetario (IMF): misura il campo magnetico solare trasportato nello spazio dal vento solare. Si tratta di un vettore a tre dimensioni in cui la componente Bx è parallela all'asse Sole-Terra, la By è la componente lungo la direzione Est-Ovest e la componente Bz è quella lungo l'asse Nord-Sud, il che la rende fondamentale per gli effetti sulla Terra. La componente diretta verso Terra può essere orientata verso Sud (IMF Bz negativo) o verso Nord (IMF Bz positivo): nel primo caso l'orientamento magnetico è opposto a quello terrestre, il che facilita la riconnessione delle linee dei campi e quindi il trasferimento di energia al sistema magnetico terrestre, facilitando le tempeste. Il valore si misura in nanoTesla (nT) e i valori normali sono sotto i 10 nT. Da 20 a 30 nT si ha già una attività magnetica di rispetto. Valori sopra i 40 indicano una forte tempesta geomagnetica.
- D-Region Absorption Prediction (D-RAP): misura l'assorbimento delle onde radio ad alta frequenza (HF) nella ionosfera terrestre, in particolare nella regione D che è la parte più bassa della ionosfera;
- Flusso di protoni solari: si tratta di un misuratore critico per la meteorologia spaziale.
- Emissioni UV e X;
- Indice Ap: misura le perturbazioni geomagnetiche globali che si verificano sulla Terra come media delle misurazioni prese da stazioni magnetiche in tutto il mondo.
Detto questo, possiamo andare a vedere l'indice Kp del giorno 10 maggio quando si è registrata la prima aurora a basse latitudini. Il grafico, preso dall'ottimo sito spaceweatherlive.com, evidenzia un Kp che passa da valori normali a valori che superano di gran lunga la soglia di attenzione.
Andamento indice Kp per il 10 maggio 2024. Fonte spaceweatherlive.com
Situazione di indice elevatissimo si è avuta per tutto il giorno successivo, anche se la sera non sono state avvistate attività aurorali come nella sera precedente.
Andamento indice Kp per il giorno 11 maggio 2024. Fonte spaceweatherlive.com
Per il 10 maggio 2024, il Report of Solar-Geophysical Activity 2024 May 10 2200 UTC ha parlato di attività solare di alto livello con evento maggiore individuato come X3 dalla Region 3664, con sette macchie solari sul disco. Il vento solare ha raggiunto la velocità di 754 km/s, l'indice IMF ha raggiunto i 52 nT (-46 per la Bz negativa), i protoni superiori a 10 MeV hanno avuto un picco a 206 pfu mentre quelli superiori a 2 MeV hanno avuto un picco a 176 pfu.
La regione AR 3664 ripresa in h-alfa. Crediti Ana Gulic
La seconda attività aurorale dell'anno visibile a bassa latitudine è stata registrata il 10 ottobre 2024, con i seguenti valori: l'evento maggiore è stato di classe M7 dalla Region 3842, con sei macchie solari visibili sul disco. Il vento solare ha raggiunto la velocità di 833 km/s, l'indice IMF registrato è stato 39 (-29 per la componente Bz negativa), i protoni sopra i 10 MeV hanno avuto un picco a 1811 pfu mentre quelli superiori a 2 MeV hanno registrato un picco di 937 pfu.
Ok, ma perché solo il ciclo 25? La domanda continua ad avere senso e la risposta più semplice è "Perché nessun ciclo è uguale agli altri", ma è qualcosa che va comprovato e argomentato.
Andamento degli ultimi cinque cicli solari. Crediti spaceweatherlive.com
Il grafico mostral'andamento degli ultimi cinque cicli solari, con il centicinquesimo ancora in corso e più o meno a metà (il picco è previsto per la prima metà del 2025). Appare evidente come il ciclo precedente, il 24esimo, sia stato decisamente al di sotto della media e delle aspettative, con un doppio picco ma con un livello di numero di macchie solari veramente basso. I cicli precedenti sono stati più elevati e non è un caso se in questo articolo, durante il racconto, abbiamo accennato ad attività aurorali a bassa latitudine e blackout importanti per il 2003 e per la fine del secolo scorso. E' anche vero, però, che non è sufficiente guardare il numero di macchie solari, e di seguito forniamo la prova:
Cicli solari intorno all'evento di Carrington. Crediti spaceweatherlive.com
Il primo settembre del 1859, in pieno ciclo solare n.10, l'astronomo inglese RIchard Carrington si accorge di due enormi bagliori provenienti da una regione attiva sul Sole. Il giorno successivo, le luci aurorali si mostrano su Cuba, alle Hawaii, in Giamaica e a Roma. Dal grafico appare evidente come il ciclo 10 sia stato inferiore ai cicli adiacenti per numero di macchie solari, ma è evidente come abbia portato a un evento singolo enorme, tale da farsi ricordare come evento epocale sotto il nome di Evento di Carrington.
Non tutti i massimi solari, quindi, sono uguali. La visibilità di aurore (ma anche i danni alle comunicazioni) dipendono da fattori solari, terrestri e anche di meccanica celeste.
Le tempeste geomagnetiche eccezionali sono rare, soltanto poche raggiungono i valori G4 (grave) e G5 (estremo) indicati dal NOAA. Valori simili si verificano in presenza di una eccezionale CME oppure di CME minori ma ripetute oppure ancora in presenza di un indice IMF con componente Bz negativa molto intensa.
Anche la posizione della Terra rispetto al Sole è indicativa, poiché soltanto una frazione di tutte le CME solari è diretta verso il nostro pianeta mentre il resto si disperde nel Sistema Solare.
Attività solare ripresa il 10 e 11 maggio 2024. Crediti NASA-SOHO
Attività solare ripresa il 10 ottobre 2024, con passaggio al perielio della cometa C/2023 A3. Crediti NASA-SOHO
Cosa aspettarsi per il futuro?
Il massimo dell'attività solare sarà raggiunto nella prima parte del 2025. Vediamo come cercare di prevedere le serate buone, se ce ne saranno
Il ciclo solare 25, alla data in cui si scrive, è in fase di ascesa e dovrebbe portare al picco (o ai due picchi, come spesso accade) nella prima metà del 2025. Sarà un picco molto probabilmente superiore, come visto, a quello del ciclo 24 e già questo va in controtendenza rispetto alle previsioni iniziali, che spingevano verso un ciclo molto simile a quello passato.
Sempre restando nel campo delle probabilità, potremmo aspettarci:
- aumento del numero di macchie solari e delle tempeste geomagnetiche legate a CME;
- maggior probabilità di aurore polari o, più probabilmente, SAR a basse latitudini. Non è detto, infatti, che un numero elevato di tempeste geomagnetiche possa portare a eventi visibili visto che, come già detto, occorre anche trovarsi nella giusta posizione orbitale intorno al Sole.
Come restare informati e come prepararsi
Fortunatamente si tratta di eventi che derivano dall'attività solare e che impiegano ore per propagarsi fino alla Terra quindi il sistema di alert creato da una rete di satelliti e dall'elaborazione dei dati da parte del NOAA consente di conoscere per tempo l'effettiva probabilità di osservazione. Gli avvisi vengono diramati con circa 24-48 ore di anticipo rispetto all'eventuale osservazione, il che consente di prepararsi al meglio.
Se vuoi, in fondo alla nostra pagina dedicata alle effemeridi del Sole puoi trovare l'attività aurorale prevista e gli indici dell'attività solare. Quando vedi valori di Kp-Index intorno a G4 e G5, inizia a prepararti!
Prepararsi al meglio vuol dire, ad esempio, recarsi sotto cieli bui e senza copertura nuvolosa, evitare le interferenze luminose visto che, a basse latitudini, le aurore o i SAR possono essere decisamente deboli e rendersi inosservabili anche con poco inquinamento luminoso.
Aurora polare ripresa il 10 maggio 2024 dall'astrobioparco Oasi di Felizzano. Crediti Ana Gulic
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